“Sono per noi!”, “No, del Lungo”: il miraggio delle file alle sezioni
Sembrava un batticuore: “E metti che vinciamo noi? Metti che L’aquila frega loro? Mi batte forte il cuore”. Batticuore, ansia, mamma che bello sarebbe se, confessava Vanna Andreola, candidata peraltro senza speranze: “So che per me invece nulla c’è da fare”.
Stava piovendo sul fortino nero, sulla città d’oro zecchino. Pioveva dal cielo ma l’acqua non fermava una corsa ai seggi che faceva dire al centrosinistra: eccoci, ci siamo anche noi, è la nostra gente che è tornata a votarci. Vero o falso? Certezza o abbaglio? L’effetto ottico, che in serata si sarebbe rivelato piuttosto enorme, era stato provocato dalla corsa mattutina ai seggi: “Diamine, cinque punti in più nelle sezioni del centro storico è il segno inequivocabile del movimento che c’è, della simpatia che trascina verso Luciano D’amico. Poi certo so anche che ad Avezzano, che è la vera casa della destra, i seggi sono affollati per il motivo inverso. Mi tengo prudente ma resto sorridente”, diceva Giovanni Lolli, storico dirigente Pd: “Comunque è stato già un successo giocarcela quasi alla pari”.
L’aquila per chi ha votato? A chi ha fatto lo sgambetto? La città di Gianni Letta e Bruno Vespa, due transistor delle onde in bassa frequenza promuove Forza Italia. Non è una sorpresa che il regista del centrodestra sia Lorenzo Sospiri, né che il macinasassi aquilano sia Roberto Santangelo. Tajani uber alles. Esiste la questione: il candidato presidente non è andato fortissimo in campagna elettorale, ma ha goduto di una squadra di mangiatori di preferenze, gregari che macinano chilometri e ingoiano voti. Non c’è il voto disgiunto, ed è stato un aiuto grandissimo per il presidente uscente. Per dire: cinquecento persone al comizio di chiusura qui a L’aquila. Marsilio è finito sotto a un tendone, mentre la sua coalizione aveva già festeggiato all’aperto ed era in perenne e autonomo movimento.
Il mistero perché la città d’oro zecchino, che ha ottenuto miliardi su miliardi (venti tra emergenza e ricostruzione) per rifare daccapo la città dopo il tremendo botto del terremoto del 2009, non abbia suggellato da subito il matrimonio indissolubile con chi, da qualche anno, sta gestendo tutto quel ben di Dio che scorre sopra e sotto L’aquila. Eventi, ricerca delle maestranze, grandi e piccole consulenze, grandi e piccole opere, finanziamenti alle associazioni, ai privati. Prime case e un po’ di seconde e un po’ di Pnrr e un po' di fondi di coesione e un po' di ogni altro bene che Giorgia Meloni ha messo a disposizione. Ancora? I 700 milioni di euro, chez Salvini, per dare avvio alla fantastica tratta ferroviaria Roma-pescara, un progetto o forse un banchetto, sono la prova che ogni risorsa è stata attivata. Gennaro Sangiuliano, il ministro della Cultura: “Duecento milioni di euro li ho mandati all’abruzzo, mica li ho dati ai registi delle terrazze romane”.
Il fiume scorre, agguanta e inzuppa però il feudo non è indenne dall’assalto. “Non si lasci ammaliare dalle apparenze. La corsa al voto è più figlia della forza dei candidati del centrodestra. Se ho un euro scommetterei su Marsilio presidente”, garantisce Luca Bergamotto, editore de LAQ , la tv aquilana. Possibile, anzi probabile ma a Teramo la forza delle cose ha fatto sì che il maggior risultato utile è atteso per D’amico, l’ex rettore, il nome forte del centrosinistra. Anche Pescara è sembrata per un po’ agevolare il voto d'opinione. Chieti no, perde elettori rispetto al 2019.
“La campagna è stata lunga e dura, e certo c’è da attendersi una battaglia che per noi partiva in grande svantaggio”, spiega Giovanni Legnini, al quale Giorgia Meloni ha tolto la leva più ambita: la gestione da commissario straordinario dei fondi per le aree terremotate. La cassaforte è passata al senatore di Fratelli d’italia Guido Castelli, e in municipio c’è Pierluigi Biondi, punta di diamante del Fronte della Gioventù. Alla Regione, fino a ieri e forse ancora domani, Marco Marsilio, già tesoriere del partito di Giorgia. Perciò stupisce e stranisce questa corsa data al fotofinish. L’abruzzo non si è mai mosso, sta dove è sempre stato, cioè con la destra. A mezzanotte, un’ora dopo la chiusura dei seggi, tutto sembra già concluso, finito.
Partecipazione Nella roccaforte meloniana vota il 3 per cento in più: le illusioni dem sulla rimonta