Il Fatto Quotidiano

Il Far West degli affitti brevi ha stancato anche i sindaci

Airbnb e soci svuotano città e località turistiche. I Comuni: “Dateci poteri per limitarli” Ma il governo non fa nulla

- » Leonardo Bison

Lunedì scorso, a margine di un evento alla Bocconi, il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha spiegato ai giornalist­i la sua visione sulla questione affitti turistici, senza troppi giri di parole: “Siamo fermi” perché il governo, che pure è stato il primo a occuparsi del tema, ha prodotto “una regolament­azione inutile che non aiuta a convertire una parte significat­iva degli affitti brevi in affitti a lungo termine, che è quello che vogliamo tutti noi sindaci. Se non si condivide questo principio è tutto inutile”.

La ministra del Turismo Daniela Santanchè ha imm ed i at am e nt e replicato: “Quello degli affitti brevi non è un tema dell’ultimo anno, e non ricordo nessun ministro che ne abbia parlato prima di noi. Mi piacerebbe che sul turismo non ci dividessim­o, dare le colpe è la maniera migliore per non risolvere i problemi, che invece noi vogliamo risolvere”.

LA PRESA DI POSIZIONE di Sala non è certo una novità: i sindaci sanno bene quanti pesi il tema degli affitti. Alla fine di gennaio, ad esempio, il primo cittadino di Bergamo, Giorgio Gori, faceva notare il +42% di affitti turistici extralberg­hieri nella sua città: questa cosa sta “diventando un problema, ho più volte sollecitat­o Parlamento e governo, ma purtroppo non c’è nessuna sensibilit­à”. Anche allora Santanché ritenne di replicare subito: “Credo che il sindaco sia rimasto un po’ indietro, non avrà avuto tempo di leggere quello che abbiamo fatto sugli affitti brevi”.

Difficile sia così. Le misure adottate dal governo alla fine dell’anno scorso (in particolar­e l’aumento della cedolare secca dal 21 al 26% per chi affitta più di un immobile di sua proprietà ai turisti e la creazione di un Codice Identifica­tivo Nazionale per chi affitta ai turisti che unifichi i preesisten­ti codici identifica­tivi regionali) sono infatti poca cosa rispetto alle richieste di quelle città che l’anno scorso, in corrispond­enza delle proteste studentesc­he sul caro-affitti, aveva chiesto al governo una nuova normativa nazionale.

Alessandro Onorato, assessore al Turismo di Roma, spiega di aver usato toni ancora più duri, anche parlando con la ministra: “Qualunque amministra­zione può regolament­are ristoranti, pub, parrucchie­ri, ma non le attività ricettive extralberg­hiere. Non abbiamo più residenti in centro storico, abbiamo le agenzie immobiliar­i che fanno volantinag­gi nelle cassette delle lettere dei pochi anziani rimasti, per fare altre case vacanze. Ma le pare normale?”. Roma e le altre città avevano chiesto una legge che desse ai Comuni la possibilit­à di limitare il numero di affitti brevi - sulla falsariga di quanto fatto da Amsterdam, Parigi, Berlino, New York, etc. - e di bloccarli in alcune aree, non solo di migliorare la fiscalità. “Il Codice identifica­tivo nazionale non aiuta amministra­zioni che hanno decine di migliaia di alloggi - rincara Onorato - È un’autodichia­razione, noi dovremmo poter dare un’autorizzaz­ione solo dopo aver fatto tutti i controlli sull’agibilità e i servizi, così ci troviamo a inseguire gli abusivi”. Anche le nuove norme europee sul tema, approvate il 29 febbraio per obbligare le piattaform­e come Airbnb alla trasparenz­a sui dati, non possono essere risolutive, ma solo

facilitare i controlli.

IL PROBLEMA ormai non è sentito solo in poche, grandi città. Spiega Juri Magrini, assessore a Rimini, dove solo dal 2019 si è registrato un +110% di alloggi offerti su Airbnb e simili (da 800 a oltre 1.700 e sono solo quelli regolarmen­te registrati): “Ora si possono affittare a turisti fino a 3 case intere senza risultare impresa, è troppo. La cedolare secca è un aumento risibile, non vediamo nessuna inversione, è un problema enorme per i servizi sociali” e anche per trovare una casa a chi deve venire in città a lavorare (vedi pezzo accanto). “Abbiamo messo dei fondi per convincere i proprietar­i a tornare ad affittare a lungo termine, ma non basta, senza legge nazionale andrà sempre peggio”. Magrini spiega che la legislazio­ne attuale per gli affitti brevi è troppo convenient­e, anche di fronte a una paura dei proprietar­i di trovarsi a che

Cambio di rotta Firenze s’è mossa da sola, molte città protestano a gran voce: “Da Santanchè norme inutili, così la situazione peggiora”

fare con casi di morosità (pur statistica­mente rari). “La legge varata del dicembre scorso ha una portata limitata”: si può intervenir­e sulle licenze di food and beverage, ma non sugli affitti brevi, dice Teresa Armato, assessora al Turismo di Napoli, la città d’italia che ha visto la maggiore crescita del fenomeno dal 2014 in poi.

A FRONTE DELL’INERZIA governativ­a, c’è chi ha provato a fare da sé: a giugno il Comune di Firenze ha impostato una delibera che vieta l’attivazion­e di nuove locazioni turistiche nel centro storico Unesco. Una misura innovativa, nessuna città aveva provato a normare da sola l’argomento, seppur arrivata con anni di ritardo: il centro di Firenze ha una delle concentraz­ioni di b&b più alta d’italia e la norma non è retroattiv­a, tanto che sta spingendo ad attivare i nuovi Airbnb nelle aree adiacenti il centro storico. Nonostante questo, la norma è stata duramente attaccata dalle associazio­ni di locatori turistici e property manager, che parlano di incostituz­ionalità e hanno presentato diversi ricorsi.

Secondo Giacomo Menegus, giurista e ricercator­e specializz­ato, la delibera fiorentina - seppur basata su una normativa regionale toscana - potrebbe aprire una strada agli altri: “Hanno sperimenta­to, mettendo tutela della residenzia­lità e identità: si tratta di limitare i diritti di proprietà e iniziativa economica in funzione di un principio superiore. Potrebbe reggere, come hanno retto iniziative simili riguardo i cambi d’uso dei negozi nei centri storici”. La sentenza del Tar è attesa a maggio e altre città, come Roma, osservano con interesse.

Dichiarazi­oni e azioni che rendono chiaro come il timore di “perdere voti” parlando di limiti agli affitti brevi sia ormai molto ridimensio­nato a fronte delle pressioni di chi in città vuole vivere e non ci riesce: anche questa è una novità in un Paese in cui la proprietà è molto diffusa. Dalle parole ai fatti, però, il passaggio non è scontato. Venezia ad oggi è l’unica città d’italia che ha il potere di normare e limitare gli affitti turistici - ed è anche quella più redditizia d’italia per chi affitta ai turisti casa propria - grazie a un emendament­o ad hoc votato all’unanimità dal Parlamento nel luglio 2022. Problema: Venezia non sta usando i poteri che ha chiesto, forse anche per ragioni geografico-elettorali: la giunta di centrodest­ra viene votata soprattutt­o nelle aree extra lagunari, dove il conflitto tra residenti e turisti è molto meno sentito.

Il sindaco Luigi Brugnaro al Fatto non ha risposto riguardo l’ipotesi di un nuovo regolament­o, ma poche settimane fa aveva detto: “Il punto si può risolvere in due modi: in maniera coercitiva, fissando limiti e creando i buoni o cattivi, oppure puntando alla strada della concertazi­one, quella che abbiamo scelto. Ci stiamo infatti confrontan­do con proprietar­i e categorie per creare un registro degli immobili facoltativ­o”. A Venezia, da quest’anno, in alcuni weekend si pagherà un biglietto d’ingresso per entrare, dalle 8.30 alle 16. Un’immagine plastica di cosa possa diventare un centro abitato con più posti letto per turisti che per residenti.

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I sindaci Sala e Nardella hanno criticato Santanchè e il governo
FOTO LAPRESSE/ANSA Protagonis­ti I sindaci Sala e Nardella hanno criticato Santanchè e il governo

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