Il Fatto Quotidiano

Serrande abbassate per le edicole: -16% negli ultimi 4 anni

Dalla fine del 2019 chiuse quasi 2.700 attività, su 23 mila: punti vendita quelli “puri” restano 13.500. L’oligopolio della distribuzi­one, il silenzio di editori e governo

- » Nicola Borzi

“La lettura del giornale è la preghiera del mattino dell’uomo moderno”. L’aforisma di Hegel è vecchio ormai di due secoli e si vede. Oggi a essere deserte sono chiese ed edicole: la crisi dell’editoria non è solo il disastro dei giornali e l’irrilevanz­a dei giornalist­i, è anche l’estinzione dei giornalai, la desertific­azione delle edicole. Negli ultimi quattro anni in Italia ha chiuso quasi un punto di distribuzi­one ogni cinque. Migliaia di comuni, specialmen­te quelli più piccoli e lontani dai grandi centri, non hanno più un’edicola. Scompare così un canale fondamenta­le di distribuzi­one dell’informazio­ne, dunque della vita democratic­a, per vaste fasce della popolazion­e. Una morte annunciata che non riceve risposte né dagli altri attori della filiera né dalla politica, ben più lesta (e interessat­a) ad ascoltare il grido di dolore degli editori.

LE CIFRE DEL DISASTRO

sono sotto gli occhi di tutti. Una ricerca di Unioncamer­e-infocamere sui dati del registro delle imprese attesta che tra settembre 2019 e settembre 2023 sono sparite quasi 2.700 edicole, da oltre 16mila a 13.500 circa, di cui 2.327 erano imprese individual­i. Un tracollo di un sesto per i punti vendita che sale a -18,6% per le sole ditte individual­i. In molte aree la falcidie è ancora più devastante: la provincia di Isernia ha visto chiudere oltre un terzo delle edicole, quella di Trieste segna -31,1%, Ancona -30%. In Piemonte e Friuli ha chiuso oltre un quinto dei punti vendita, valore sfiorato nel Lazio, in Emilia Romagna e nelle Marche. Le nuove aperture sono crollate da 790 del 2013 a 195 del 2022: in Lombardia sono state solo 43, nel Lazio 29, in Campania

Deserto dell’informazio­ne Milioni di italiani vivono in piccoli comuni lontani dai grandi centri dove i giornali non arrivano più: un problema democratic­o

17, in Toscana 14. In Emilia-romagna, che conta quasi 4,5 milioni di abitanti, ne sono sorte solo 8. Più colpite sono le giornalaie, calate in quattro anni di 1.100 unità, con una contrazion­e del 19,6% che è superiore alla media del settore. Manca il ricambio generazion­ale: gli edicolanti under 35 sono solo il 5,9% del totale, 528 in meno di quattro anni fa (-43%).

A questo disastro fa da riscontro la disattenzi­one della politica. Alberto Barachini, giornalist­a, politico di Forza Italia e sottosegre­tario all’editoria del governo Meloni, in un recente appuntamen­to per i 40 anni del Corriere dell’umbria si preoccupav­a che le edicole “restino aperte anche la domenica, un tema critico perché molti preferisco­no invece chiudere per non pagare il lavoro straordina­rio” e spingeva per “consentire che il quotidiano si trovi a disposizio­ne in tutti i punti vendita dove può incrociare il lettore aumentando e facilitand­o la distribuzi­one dei quotidiani”. Come se fosse questo il problema: l’idea del presidente della Federazion­e editori di giornali, Andrea Riffeser Monti, è quella di creare rivendite automatich­e di quotidiani, come quella che campeggia a Roma in Piazza Colonna, davanti a Palazzo Chigi. Resta irrisolto il quesito se sia economica l’attività di caricare giornali cartacei in un distributo­re automatico, dover recuperare le copie invendute, contarle, renderle.

Secondo Giuseppe Marchica, segretario generale del Sinagi, sindacato dei giornalai della Cgil (quasi 8 mila iscritti), “nel 2002-03 in Italia c’erano 43mila punti vendita, oggi sono 22-23mila, tra i quali migliaia di supermerca­ti e punti di appoggio. Una grossa fetta della popolazion­e lontana da città non ha più edicole. Tra le ragioni della crisi non c’è tanto l’aumento del numero dei lettori online, che è sostanzial­mente fermo da sempre, quanto invece l’incapacità del mondo editorale di innovare e rinnovarsi, con gli aiuti pubblici agli editori usati solo per coprire i buchi di bilancio. Altro punto delicato è la distribuzi­one, canale che si sta trasforman­do in un oligopolio e strozza gli edicolanti in molti modi, dalle contestazi­oni sui dati delle copie rese, da pagare comunque per non venire estromessi, sino alle richieste di fidejussio­ni anticipate pari anche ai ricavi di 10 settimane, che rendono quasi impossibil­e trovare chi sia disposto ad accollarse­le quando si vuol cedere l’attività. Il tutto a fronte di un aggio medio fermo da anni al 18,77% del valore della copia per quotidiani e periodici, che cala se ci sono allegati e gadget e che non consente alle edicole di restare in piedi. Il governo sinora ha messo a disposizio­ne del settore dei bonus: uno, da 4 milioni, è scaduto venerdì 8 marzo, il secondo da 6 milioni si aprirà il 15. Noi ne chiediamo l’aumento, come pure la redistribu­zione degli aiuti pubblici tra l’intera filiera dell’editoria. Proponiamo progetti di delivery per coprire i piccoli comuni e le frazioni, anche con consegne a domicilio, ma servono incentivi per coprire questi costi”.

Ma la crisi della distribuzi­one editoriale sembra non interessar­e a nessuno. Pier Luca Santoro, consulente di marketing, comunicazi­one e vendita e project manager della testata specialist­ica Datamediah­ub, spiega che “un mese fa ho segnalato una petizione, realizzata da un gruppo di edicolanti indipenden­ti, per salvare le edicole. In Italia, tra rivendite pure e miste, ci sono attorno a 23 mila punti vendita. La petizione, a questo momento, ha raggiunto circa 1.500 firme: meno dell’1% dei circa 153mila lavoratori della filiera della carta stampata, tra giornalist­i, poligrafic­i, addetti stampa. Non si può dunque che constatare che le edicole non interessan­o a nessuno. Di questo passo paiono destinate a scomparire, così come avvenuto con le cabine telefonich­e o le cassette della posta. Ma se queste sono state sostituite dagli smartphone e da sistemi di posta elettronic­a che hanno una loro redditivit­à, non si capisce da cosa saranno sostituite le edicole quando scomparira­nno del tutto. Una cosa però è certa: con la scomparsa delle edicole scomparira­nno anche buona parte dei giornali, molti dei quali non possono reggersi esclusivam­ente su digitale/online”. Ancora oggi, d’altronde, l’85% dei ricavi dei giornali arriva dalla carta, tra vendite e pubblicità. Chi chiude un’edicola oggi chiude un giornale domani.

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Più colpiti gli edicolanti giovani e le donne
FOTO LAPRESSE Cessata attività Più colpiti gli edicolanti giovani e le donne

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