Serrande abbassate per le edicole: -16% negli ultimi 4 anni
Dalla fine del 2019 chiuse quasi 2.700 attività, su 23 mila: punti vendita quelli “puri” restano 13.500. L’oligopolio della distribuzione, il silenzio di editori e governo
“La lettura del giornale è la preghiera del mattino dell’uomo moderno”. L’aforisma di Hegel è vecchio ormai di due secoli e si vede. Oggi a essere deserte sono chiese ed edicole: la crisi dell’editoria non è solo il disastro dei giornali e l’irrilevanza dei giornalisti, è anche l’estinzione dei giornalai, la desertificazione delle edicole. Negli ultimi quattro anni in Italia ha chiuso quasi un punto di distribuzione ogni cinque. Migliaia di comuni, specialmente quelli più piccoli e lontani dai grandi centri, non hanno più un’edicola. Scompare così un canale fondamentale di distribuzione dell’informazione, dunque della vita democratica, per vaste fasce della popolazione. Una morte annunciata che non riceve risposte né dagli altri attori della filiera né dalla politica, ben più lesta (e interessata) ad ascoltare il grido di dolore degli editori.
LE CIFRE DEL DISASTRO
sono sotto gli occhi di tutti. Una ricerca di Unioncamere-infocamere sui dati del registro delle imprese attesta che tra settembre 2019 e settembre 2023 sono sparite quasi 2.700 edicole, da oltre 16mila a 13.500 circa, di cui 2.327 erano imprese individuali. Un tracollo di un sesto per i punti vendita che sale a -18,6% per le sole ditte individuali. In molte aree la falcidie è ancora più devastante: la provincia di Isernia ha visto chiudere oltre un terzo delle edicole, quella di Trieste segna -31,1%, Ancona -30%. In Piemonte e Friuli ha chiuso oltre un quinto dei punti vendita, valore sfiorato nel Lazio, in Emilia Romagna e nelle Marche. Le nuove aperture sono crollate da 790 del 2013 a 195 del 2022: in Lombardia sono state solo 43, nel Lazio 29, in Campania
Deserto dell’informazione Milioni di italiani vivono in piccoli comuni lontani dai grandi centri dove i giornali non arrivano più: un problema democratico
17, in Toscana 14. In Emilia-romagna, che conta quasi 4,5 milioni di abitanti, ne sono sorte solo 8. Più colpite sono le giornalaie, calate in quattro anni di 1.100 unità, con una contrazione del 19,6% che è superiore alla media del settore. Manca il ricambio generazionale: gli edicolanti under 35 sono solo il 5,9% del totale, 528 in meno di quattro anni fa (-43%).
A questo disastro fa da riscontro la disattenzione della politica. Alberto Barachini, giornalista, politico di Forza Italia e sottosegretario all’editoria del governo Meloni, in un recente appuntamento per i 40 anni del Corriere dell’umbria si preoccupava che le edicole “restino aperte anche la domenica, un tema critico perché molti preferiscono invece chiudere per non pagare il lavoro straordinario” e spingeva per “consentire che il quotidiano si trovi a disposizione in tutti i punti vendita dove può incrociare il lettore aumentando e facilitando la distribuzione dei quotidiani”. Come se fosse questo il problema: l’idea del presidente della Federazione editori di giornali, Andrea Riffeser Monti, è quella di creare rivendite automatiche di quotidiani, come quella che campeggia a Roma in Piazza Colonna, davanti a Palazzo Chigi. Resta irrisolto il quesito se sia economica l’attività di caricare giornali cartacei in un distributore automatico, dover recuperare le copie invendute, contarle, renderle.
Secondo Giuseppe Marchica, segretario generale del Sinagi, sindacato dei giornalai della Cgil (quasi 8 mila iscritti), “nel 2002-03 in Italia c’erano 43mila punti vendita, oggi sono 22-23mila, tra i quali migliaia di supermercati e punti di appoggio. Una grossa fetta della popolazione lontana da città non ha più edicole. Tra le ragioni della crisi non c’è tanto l’aumento del numero dei lettori online, che è sostanzialmente fermo da sempre, quanto invece l’incapacità del mondo editorale di innovare e rinnovarsi, con gli aiuti pubblici agli editori usati solo per coprire i buchi di bilancio. Altro punto delicato è la distribuzione, canale che si sta trasformando in un oligopolio e strozza gli edicolanti in molti modi, dalle contestazioni sui dati delle copie rese, da pagare comunque per non venire estromessi, sino alle richieste di fidejussioni anticipate pari anche ai ricavi di 10 settimane, che rendono quasi impossibile trovare chi sia disposto ad accollarsele quando si vuol cedere l’attività. Il tutto a fronte di un aggio medio fermo da anni al 18,77% del valore della copia per quotidiani e periodici, che cala se ci sono allegati e gadget e che non consente alle edicole di restare in piedi. Il governo sinora ha messo a disposizione del settore dei bonus: uno, da 4 milioni, è scaduto venerdì 8 marzo, il secondo da 6 milioni si aprirà il 15. Noi ne chiediamo l’aumento, come pure la redistribuzione degli aiuti pubblici tra l’intera filiera dell’editoria. Proponiamo progetti di delivery per coprire i piccoli comuni e le frazioni, anche con consegne a domicilio, ma servono incentivi per coprire questi costi”.
Ma la crisi della distribuzione editoriale sembra non interessare a nessuno. Pier Luca Santoro, consulente di marketing, comunicazione e vendita e project manager della testata specialistica Datamediahub, spiega che “un mese fa ho segnalato una petizione, realizzata da un gruppo di edicolanti indipendenti, per salvare le edicole. In Italia, tra rivendite pure e miste, ci sono attorno a 23 mila punti vendita. La petizione, a questo momento, ha raggiunto circa 1.500 firme: meno dell’1% dei circa 153mila lavoratori della filiera della carta stampata, tra giornalisti, poligrafici, addetti stampa. Non si può dunque che constatare che le edicole non interessano a nessuno. Di questo passo paiono destinate a scomparire, così come avvenuto con le cabine telefoniche o le cassette della posta. Ma se queste sono state sostituite dagli smartphone e da sistemi di posta elettronica che hanno una loro redditività, non si capisce da cosa saranno sostituite le edicole quando scompariranno del tutto. Una cosa però è certa: con la scomparsa delle edicole scompariranno anche buona parte dei giornali, molti dei quali non possono reggersi esclusivamente su digitale/online”. Ancora oggi, d’altronde, l’85% dei ricavi dei giornali arriva dalla carta, tra vendite e pubblicità. Chi chiude un’edicola oggi chiude un giornale domani.