“Il nome della rosa” Bello, bellissimo, un po’ complicato. Manca solo una canzone adatta...
Ho in mano questo libro rosso, un tomo di 503 pagine, che sembra diventato il libro del secolo, Il nome della rosa di Umberto Eco. Per uno scrittore deve essere meraviglioso chiamarsi Eco, il ritorno di un suono nel luogo di partenza, come una voce che si espande per sempre. Infatti tutti parlano di questo capolavoro, tutti lo comprano e lo leggono. I miei amici colti ne parlano come se lo sapessero a memoria, raccontano di strani frati assassini, libri nascosti e incendi. Gli omicidi sono opera dell'ex bibliotecario cieco che vuole impedire la lettura di un libro, secondo lui, pericolosissimo: il secondo libro della Poetica di Aristotele dedicato alla commedia e al riso e ritenuto perduto; il bibliotecario convinto che il libro possa danneggiare la cristianità ne avvelena le pagine e i frati che tentano di leggerlo muoiono. Qualche lettore si smarrisce nella selva di infiniti riferimenti eruditi, qualcun altro li salta per seguire la trama molto coinvolgente. Il massimo è stato il mio amico Lucio che per tigna si è fatto tradurre dal latino tutte le citazioni con il risultato di avere un librone pieno di foglietti gialli scritti a matita. Il problema è che contemporaneamente Lucio sta anche leggendo la vera storia della serie televisiva Happy days ,einevitabilmente, le vicende legate al protagonista Fonzie si mischiano a quelle ben più colte del famoso frate detective Guglielmo da Baskerville, con conseguenze disastrose che farebbero rivoltare nella tomba il vecchio Aristotele. Una cosa è certa, quello che manca al romanzo di Eco è una bella canzone tipo la sigla di Happy days: “Sunday, Monday, happy days…”. Un esempio: “Aristotele e Platone i divi della canzonee, se la rosa fiorirà tutto bello sembrerà e se poi non accadrà altro fiore spunterà”. La proporrò al professor Eco, ma ho il sospetto che non gli piacerà, o forse si, il Prof è molto spiritoso.