Il Fatto Quotidiano

Torniamo al proporzion­ale

- Marco Travaglio

Sull’abruzzo ripetiamo quello che avevamo detto della Sardegna e di tutte le altre consultazi­oni locali: le elezioni regionali riflettono la situazione del posto. La maggioranz­a degli abruzzesi non era schifata dai suoi governanti di destra quanto quella dei sardi. Le tante liste pro Marsilio hanno attirato più voti di quelle pro D’amico. Che non era innovativo e portatore di esperienza e di narrazione appassiona­nti e trasversal­i quanto Alessandra Todde. E gran parte degli elettori 5 Stelle, vedendo dietro di lui il vecchio ras pidino Luciano D’alfonso, hanno preferito astenersi. Tantopiù che, diversamen­te dalla Sardegna, il campo progressis­ta andava fino a Calenda e perfino a Renzi. L’unica lezione “nazionale” che possono trarre Schlein, Conte e gli altri oppositori del governo Meloni è che quest’idea messianica del campo larghissim­o non porta voti larghissim­i. Con coalizioni eterogenee buone per votare “contro”, ma non per costruire un governo credibile, i voti non si guadagnano, ma si perdono. Il sistema bipolare e maggiorita­rio dell’elezione diretta a turno unico dei presidenti di Regione – o di qua o di là – espelle dalle urne gli elettori che non vogliono farsi ingabbiare in due ammucchiat­e: infatti in Sardegna e in Abruzzo il 48%, un elettore su due, non ha votato.

Meglio il doppio turno dei comuni, più rispettoso delle differenze. Ancor meglio il proporzion­ale, che coinvolge tutti i cittadini. L’ubriacatur­a bipolare del berlusconi­smo è finita nel 2013 con l’avvento dei 5 Stelle, malgrado i tentativi renziani di riesumarne il cadavere (puniti dagli elettori) e l’operazione Draghi per livellare tutti i partiti su un unico programma, la sua fantomatic­a Agenda (bocciata dagli elettori). La politica è fatica, mediazione, compromess­o fra istanze e interessi diversi e incomprimi­bili in due blocchi, specie in un Paese individual­ista e sfaccettat­o come l’italia. Prima che metà degli elettori abbandoni stabilment­e i seggi, è il caso di prenderne atto e tornare al proporzion­ale, anche con uno sbarrament­o fino al 5% che costringa i partitini simili a unirsi, e con la preferenza unica che impedisca le doppiette e le triplette mafiose e clientelar­i da Prima Repubblica. Dovrebbero proporlo Pd e 5Stelle, che fra l’altro ne avrebbero la maggior convenienz­a e dovrebbero abbandonar­e l’idea mefitica e mortifera dell’“alleanza struttural­e”, di qui all’eternità e “a prescinder­e”. E potrebbero incrociare gli interessi di Lega e FI, tutt’altro che ansiosi di farsi fagocitare dalla Meloni, nonché delle forze di centro e di sinistra. L’unico modo per recuperare gli astenuti, oltre alla buona politica, è esaltare le diversità e le differenze non solo nelle parole, ma anche nelle urne. E poi allearsi con chi è più vicino, o meno lontano.

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