Caso Consip: tutti assolti Pagano solo i 2 carabinieri
Il fatto non sussiste per Tiziano Renzi, Lotti, Romeo e Bocchino Non luogo a procedere per Carlo Russo (salvato dalla mancata querela)
Dopo otto anni arriva l’assoluzione tombale per quasi tutti sul caso Consip. Assolti perché il fatto non sussiste Tiziano Renzi, Alfredo Romeo, Italo Bocchino e non luogo a procedere (per truffa con assenza di querela) per Carlo Russo, nel filone del traffico di influenze sull’ex ad di Consip Luigi Marroni (non indagato) sulla gara da 2,7 miliardi per la manutenzione dei palazzi pubblici.
Carlo Russo, assistito dagli avvocati Marco e Gabriele Zanobini, può esultare: è stato assolto con formula piena (‘il fatto non sussiste’) anche per il presunto traffico di influenze su una manager INPS e per la tentata estorsione ai danni del solito Marroni di Consip.
Assolti poi nel filone delle fughe di notizie ‘istituzionali’ anche Luca Lotti e il generale dei Carabinieri Emanuele Saltalamacchia, difeso da Grazia Volo. Assolti per il presunto favoreggiamento perché il fatto non costituisce reato mentre per la rivelazione di segreto con la formula “il fatto non sussiste”; assolto anche Filippo Vannoni per il favoreggiamento perché il fatto non costituisce reato. Assoluzione piena per i Carabinieri Alessandro Sessa e Gianpaolo Scafarto per il presunto depistaggio (disinstallazione di whatsapp dal cellulare di Sessa) mentre Scafarto è stato assolto con la formula ‘il fatto non costituisce reato’ per i presunti falsi che secondo l’accusa sarebbero stati compiuti nelle sue informative. Non sono reati né l’errore di identificazione di un generale né l’omissione dell’informativa ai pm per un accertamento che negava presunte e inesistenti ‘attenzioni’ dei servizi segreti sulle indagini. Non è reato soprattutto l’attribuzione a Romeo di una frase in realtà proferita da Bocchino, in danno di Tiziano Renzi. Su queste tre accuse era stata costruita una campagna di stampa che accusava i Carabinieri del NOE di una sorta di complotto in danno dell’allora premier Matteo Renzi. Su tutto ciò cala il sipario con la formula ‘il fatto non costituisce reato’. I giudici avranno creduto a Scafarto quando sosteneva di aver sbagliato senza il dolo di ‘fottere’ i suoi indagati? Chissà. Di certo Matteo Renzi ieri ha continuato a twittare con il consueto garantismo contro Scafarto senza nominarlo: “sapete chi è stato condannato? Quei pubblici ufficiali che hanno tramato contro di noi facendo falsi pur di attaccarci”. Scafarto è stato condannato invece solo a un anno e sei mesi con interdizione dai pubblici uffici per due episodi di rivelazione di segreto. La prima per il Tribunale sarebbe accaduta in favore de Il Fatto. La seconda in favore di suoi ex colleghi transitati ai servizi segreti. Sessa è stato condannato invece per l’omessa denuncia di Scafarto sui suoi rapporti con Il Fatto.
Bisognerà attendere le motivazioni per capire le assoluzioni. Lotti, Saltalamacchia e Vannoni erano accusati dall’ex ad
Luigi Marroni di avergli spifferato l’esistenza delle indagini sulla Consip. La formula ‘il fatto non costituisce reato’ sul favoreggiamento potrebbe essere dovuta all’assenza del dolo perché Marroni non era un indagato oppure potrebbe essere dovuta alla vaghezza delle dichiarazioni accusatorie di Marroni. O ad altro.
Perché ‘il fatto non sussiste’ per T. Renzi, Romeo e Bocchino? Una possibile spiegazione si ha dal trattamento in sentenza di Russo. L’imprenditore amico di Tiziano era accusato di avere trattato con Romeo per Renzi senior (a sua insaputa) e per sé stesso, soldi in cambio della spendita dell’influenza vantata da Russo stesso presso il numero uno di Consip Marroni. Ebbene Russo per questo non è stato assolto. In realtà ne esce con una formula diversa: il reato è riqualificato da traffico di influenze in truffa ex articolo 640 primo comma. Peccato, scrivono i giudici, che per la truffa ci vuole la querela e il presunto truffato, cioé Romeo, non l’ha mai presentata. Certo, mai nessun pm ha contestato la truffa in 7 anni e mezzo a Russo. Prima il millantato credito poi il traffico di influenze. Da dove esce la truffa? Dietro la scelta della VIII sezione presieduta da Paola Roia ci potrebbe essere una recentissima sentenza della Cassazione del 29 febbraio scorso. La decisione della Cassazione rispondeva alla domanda: il vecchio millantato credito può essere ricompreso nel nuovo reato di traffico di influenze? Risposta delle Sezioni Unite: ‘non c’è continuità’ tra il vecchio millantato credito (inizialmente contestato a Russo) e il nuovo traffico di influenze (contestato dopo). Risultato: per la sentenza di ieri quel che Russo si è detto con Romeo nel 2016 parlando di Consip non va considerato come un traffico di influenze procedibile senza querela ma come una truffa procedibile a querela di parte. Cosa resta del caso Consip? Bisognerà attendere le motivazioni per capire se il Tribunale abbia ritenuto provato quel che sostenevano i pm cioé che Romeo ha dato a Russo alcune utilità come l’assunzione a termine di una cognata più varie ospitalità in hotel e avrebbe inoltre promesso (mai dato) a Russo anche consulenze più altre somme di “30mila euro al mese asseritamente destinate a Tiziano Renzi”, all’insaputa del padre dell’allora premier. Bisognerà attendere le motivazioni per capire perché questi fatti, ove considerati esistenti, in Italia non siano un reato per nessuno. Né per Romeo, vittima che non querela, né per Russo, presunto truffatore non denunciato. Di certo, lo ribadiamo oggi a maggior ragione dopo la sentenza, di questi fatti noi ci continueremo ad occupare come facciamo da 7 anni. Perché riguardano la Consip, prima stazione appaltante italiana, Alfredo Romeo, editore di quotidiani e primo imprenditore del settore. E perché le promesse di denaro, pur non penalmente rilevanti, ove esistenti per il Tribunale, riguarderebbero la gara più grande d’europa, avente ad oggetto 2,7 miliardi di soldi pubblici. Infine continueremo a occuparcene perché questo caso riguarda come viene gestita la giustizia in Italia.
2,7 MLD PER MANUTENZIONE DEI PALAZZI DELLA PA