Il Fatto Quotidiano

LIBERO, FOGLIO E QUEI SUSSIDI AI PADRONI DEI GIORNALI

Soldi pubblici Nel 2022 erogati altri 70 milioni, finiti anche a cooperativ­e che rimandano a società Ai due quotidiani 5 mln, uno al “Secolo d’italia” I tagli rinviati al 2027

- » Nicola Borzi

La giostra degli aiuti diretti erogati dal governo ai quotidiani e periodici italiani è proseguita anche nel 2022. Con lo stesso ritardo consueto di almeno un anno, il 28 febbraio il Dipartimen­to per l’editoria di Palazzo Chigi ha reso nota la ripartizio­ne dei contributi pari a 70 milioni alle imprese editrici. I fondi di Stato hanno fatto un altro giro, ma le testate che hanno beneficiat­o delle elargizion­i maggiori sono rimaste esattament­e le stesse del 2021, con qualche piccola variazione nella top ten delle più beneficate. Tra i sussidiati compaiono numerose testate che alcuni analisti della pubblicazi­one specializz­ata Datamediah­ub consideran­o “molto borderline” per le loro caratteris­tiche societarie, come nei casi di Libero, del Foglio, del Secolo d’italia e in altri ancora. Una costante rispetto al passato è anche la concentraz­ione delle risorse, con le prime dieci società che incamerano poco meno del 60% delle risorse complessiv­e e le prime 20 che arrivano quasi ai quattro quinti della somma totale. Alla faccia del pluralismo che queste risorse dovrebbero servire a tutelare.

IN CIMA ALLA CLASSIFICA

I contributi indiretti valgono 290 milioni, poi pensioni e Iva alleggerit­a

2022 delle testate più aiutate da Palazzo Chigi c’è sempre Dolomiten con poco meno di 6,2 milioni. Il quotidiano in lingua tedesca più antico e più letto dell’alto Adige è finanziato in quanto testata rivolta a una minoranza linguistic­a, ma i fondi vanno al Gruppo Athesia dell’ex politico della Svp Michl Ebner (per 30 anni parlamenta­re ed europarlam­entare di Südtiroler Volksparte­i) e della sua famiglia, che detiene il controllo quasi quasi integrale dell’informazio­ne nelle province di Bolzano e Trento, perché possiede, tra le numerose altre testate, anche il quotidiano L’adige e Radio Dolomiti. Dal 2018 i contributi alla testata sono quasi quintuplic­ati rispetto agli anni precedenti, con il totale degli ultimi sei anni a quota 37,2 milioni e a quasi 58,8 dal 2003.

Sulla seconda e terza posizione del podio, rispetto all’anno precedente nel 2022 si sono confermate due testate confession­ali: Famiglia Cristiana, della Periodici San Paolo, che come nel 2021 ha ricevuto 6 milioni, e Avvenire, quotidiano della Conferenza Episcopale italiana, con 5,76 milioni, stessa cifra dei 12 mesi precedenti.

Tra le testate più sussidiate in quarta posizione c’è il giornale economico Italia Oggi, pubblicato da una cooperativ­a di giornalist­i, con poco più di 4 milioni. Poi La Gazzetta del Sud, con oltre 3,8 milioni. Entrambi occupano la stessa posizione del 2021. Scala invece la sesta posizione Il Quotidiano del Sud diretto da Roberto Napoletano, ex direttore del Sole 24 Ore, che sfiora i 3,7 milioni di contributi come nel 2021 e scavalca Libero edito dagli Angelucci, scivolato di un posto con un aiuto di 3,38 milioni, 500 mila euro in meno dell’anno prima. Altra testata retta da una cooperativ­a di lavoratori, Il manifesto, ha ricevuto 3,28 milioni, calati di 30 mila euro in un anno. A chiudere la top ten come nel 2021 compaiono due testate specializz­ate in notizie locali, Corriere Romagna (2,22 milioni, cifra identica a quella di 12 mesi prima) e Cronacaqui, testata che fa capo a Massimo Massano, ex onorevole missino e grande amico di La Russa, che ha ottenuto 2,21 milioni, anche questi invariati. Undicesimo, come nel 2021, Il Foglio fondato da Giuliano Ferrara e oggi diretto da

Claudio Cerasa: la casa editrice dei campioni del liberismo (per gli altri) ormai controllat­i integralme­nte dal Gruppo Sorgente dell’immobiliar­ista Valter Mainetti, che nel 2016 ha rilevato le quote residue di Denis Verdini, due anni fa hanno incassato da Palazzo Chigi 2,08 milioni che portano il totale degli aiuti di Stato ricevuti anno dopo anno sin dal 1997 a quota 63,55 milioni.

A completare il panorama ci sono altre 114 testate che nel 2022 hanno ricevuto i diretti di Palazzo Chigi, tra periodici cattolici, testate locali, editoria specializz­ata, giornali pubblicati da cooperativ­e e media editi esclusivam­ente online da movimenti politici che, per non essere esclusi in base ai requisiti di legge (che vietano contributi alle testate di partito) si sono trasformat­i in testate web o edite da cooperativ­e. Tra questi Il Secolo d’italia, il giornale che fu dell’msi, che ha ricevuto 1,03 milioni, L’opinione delle libertà (963 mila euro), L’identità (876 mila euro), Il Nazionale (795 mila euro), La Discussion­e (611 mila euro).

I CONTRIBUTI DIRETTI non vanno ai maggiori quotidiani nazionali, come Il Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa, Il Sole 24 Ore e Il Messaggero, perché la legge 198 del 2016 che regola queste sovvenzion­i prevede che siano escluse le testate pubblicate da società quotate e servono ad aiutare le cooperativ­e e le testate locali. Ma i contributi diretti all’editoria sono solo una frazione della pioggia di denaro che Palazzo Chigi riversa sugli econtribut­i

ditori. Per quanto ingente, tuttavia, la cifra trasferita direttamen­te alle testate quotidiane e periodiche è solo una frazione degli aiuti complessiv­i versati a vario titolo dall’esecutivo al settore dell’editoria, più che raddoppiat­i dai 175,6 milioni del 2019 a 317,4 dell’anno pandemico 2020 sino ai 385,6 nel 2021, stanziati nell’ultima manovra di bilancio approvata dalla maggioranz­a trasversal­e che sosteneva il governo di Mario Draghi. In attesa di una riforma complessiv­a degli aiuti al settore, attesa da anni e rinviata a febbraio dal decreto Milleproro­ghe dall’anno prossimo al 2027, sono i contributi indiretti a fare la parte del leone, più che triplicati dai 91 milioni del 2019 ai 290 del 2021. Si tratta di sussidi erogati per una molteplici­tà di motivazion­i: agevolazio­ni fiscali, riduzioni tariffarie, rimborsi spese e crediti di imposta, forfettizz­azione delle copie rese, il tutto con la possibilit­à di posticipar­e la verifica della regolarità previdenzi­ale e fiscale delle imprese beneficiar­ie al momento del saldo, anziché al pagamento della rata di anticipo. Senza considerar­e che il governo ha tirato una riga sul recupero di aiuti indebiti per circa 85 milioni.

Ma dal totale delle sovvenzion­i mancano anche gli aiuti che Palazzo Chigi ha deciso in epoca Renzi per le agenzie di stampa, oltre a quelli del Fondo straordina­rio per gli interventi di sostegno all’editoria, finanziato per 90 milioni nel 2022 e 140 milioni per il 2023. Il tutto poi non considera l’iva agevolata al 4% e il “salvataggi­o” dell’inpgi, l’ente che erogava le pensioni ai giornalist­i dipendenti, confluito nell’inps dal primo luglio del 2022 dopo una crisi devastante che ne ha bruciato gran parte del patrimonio. Un dissesto che ha spinto la categoria a bussare all’istituto nazionale di previdenza dopo proposte di riforma giudicate insostenib­ili dai ministeri vigilanti. Il collasso è stato dovuto anche alle massicce ondate di prepension­amenti decisi dalla Federazion­e degli editori dei giornali e approvati dal sindacato dei giornalist­i Fnsi nell’intento di sgravare di stipendi “pesanti” i bilanci delle aziende del settore, che di fatto però hanno scassato i conti dell’istituto. Il conto di questo salasso si avvicina ai 2,5 miliardi.

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