“Alternativa alla bandiera bianca è la guerra infinita”
Apoche settimane dall’invasione russa in Ucraina, don Severino Dianich fu protagonista di una riflessione “scomoda” – per i canoni dell’opinione pubblica occidentale – sui limiti morali della resistenza armata: “Quale prezzo, quanti morti si possono sacrificare per ottenere un obiettivo?”. Dianich, una delle più insigni figure teologiche italiane, si rifaceva al Catechismo della Chiesa cattolica: “Vanno considerate con rigore le condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale”.
Dopo due anni di guerra – e a pochi giorni dall’intervista del Papa sul “coraggio della bandiera bianca” – le sue considerazioni sono ancora attuali?
Prima di tutto vorrei dire che quel che ha detto papa Francesco, moltissimi lo pensano. Lui ha avuto il coraggio di dirlo. Le mie considerazioni di due anni fa, purtroppo si sono rinforzate: si combatte senza sosta e con la prospettiva di un conflitto ancora più lungo, ma non esistono ancora previsioni di una rapida vittoria dell’ucraina. Il problema che si pone è quello dei morti: tutti i giorni morti e distruzione. È possibile condurre all’infinito una situazione di questo genere? Francesco ha chiesto all’ucraina di arrendersi?
Il senso del ragionamento del Papa è che trattare non è una vergogna o una debolezza: non ha nulla di indecoroso. Le parole sulla “bandiera bianca” sono in linea con il Catechismo?
Di per sé il Catechismo non si riferisce a ipotesi specifiche di resa o di trattativa, ma stabilisce un criterio generale: affinché una guerra possa essere condotta, anche se legittima dal punto di vista della difesa, è necessario che ci sia una ben fondata previsione di vittoria e che ci sia una proporzione tra il danno che produce e il risultato che ottiene. Il danno aumenta di giorno in giorno.
Autorevoli commentatori hanno definito il Papa “filo russo”.
O è una sciocchezza o è malafede. La tradizione del magistero dei Papi è la stessa sin dalla scelta di Benedetto XV durante la Grande guerra: tutti i pontefici hanno deciso di non
‘‘ Il senso delle parole di Francesco è chiaro: trattare non è una vergogna né una debolezza
collocarsi da una parte. Questo non significa ignorare le colpe degli aggressori, ma operare per la fine della guerra e per una pace giusta.
È lo stesso atteggiamento che il Papa ha assunto sulla guerra in Palestina?
Il conflitto di Israele con Hamas ha una natura molto diversa e una maggiore complessità. Le posizioni del Papa non sono nette o categoriche, ma mi sembra che la sua preoccupazione principale sia per la popolazione palestinese. Il crimine è di Hamas, ma a soffrirne è l’intero popolo palestinese.
Anche Von der Leyen e la Germania hanno preso le distanze dal Papa, ci sono conseguenze per la diplomazia del Vaticano?
Nella storia dei rapporti della Santa Sede con gli altri Stati, i conflitti diplomatici possono avvenire e sono avvenuti, ma, con il tempo, sono sempre stati superati in nome dell’interesse superiore. Basterebbe ricordare la rottura con l’amministrazione americana per la guerra del Golfo.
Ci saranno mai le condizioni per la pace in Ucraina?
Una guerra che si prolunga all’infinito, purtroppo, mi meraviglierebbe fino a un certo punto. Assistiamo a guerre che non finiscono più, come in Siria o in Palestina. L’alternativa è il compromesso. D’altra parte ricordo che all’inizio della guerra si profilava, anche da parte del governo ucraino, una possibilità di trattativa sulla Crimea.