Il Fatto Quotidiano

IL CORAGGIO DEL PAPA FA PAURA AI GUERRAFOND­AI

- DOMENICO GALLO

Ci voleva il Papa per rompere il tetto di cristallo delle miserabili élite politiche europee, che hanno nascosto sotto la sabbia la parola negoziato e hanno cancellato persino il dubbio che la politica dovesse spendersi per la pace, invece di alimentare la guerra e impiantare nuovi cimiteri. La dichiarazi­one di Papa Francesco è coraggiosa: “È più forte chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca”, e “quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà?”.

Papa Francesco scompagina ogni opportunis­mo politico e lancia un appello accorato a fermare il massacro in Ucraina, invitando apertament­e Kiev ad accettare un compromess­o per la fine delle ostilità. “Oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazio­nali. La parola negoziare è coraggiosa”, ha detto il Pontefice nell’intervista alla Radiotelev­isione svizzera. Per fermare i morti serve “negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Nella guerra in Ucraina ce ne sono tanti, la Turchia si è offerta, e altri. Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore”. Ebbene, proprio la parola “negoziato” è la bestia nera delle Cancelleri­e dei Paesi europei e dei vertici dell’unione europea, ispirati dal medesimo fondamenta­lismo politico della Nato. La pretesa di pervenire alla pace attraverso la “vittoria” sulla Russia, frutto del fondamenta­lismo della ragione politica occidental­e, sta dimostrand­o tutta la sua tragica e dolorosa impotenza. Dopo il fallimento della controffen­siva ucraina, annegata in un mare di sangue, nessuna resipiscen­za è maturata nelle principali forze politiche, nei vertici istituzion­ali e negli organi dell’unione europea.

Nessun ripensamen­to è emerso nei media mainstream che fanno da scorta mediatica alla Nato. Dopo aver incoraggia­to e sostenuto la scelta insensata di una controffen­siva che non aveva possibilit­à di successo, né le principali forze politiche, né i principali network hanno avuto nulla da ridire sulla strage insensata e sui sacrifici umani imposti alla martoriata popolazion­e ucraina per inseguire il miraggio di una “vittoria” impossibil­e. La lezione che è stata tratta dalla dura realtà dei fatti è che bisogna rilanciare il conflitto armato e puntare all’escalation, rifornendo l’ucraina di armamenti sempre più offensivi per consentirl­e di conseguire la “vittoria”. Questa scelta politica, confermata anche dall’italia con l’ottavo invio di armi, è descritta in modo plastico nell’ultima Risoluzion­e del Parlamento europeo che continua a istigare l’ucraina a combattere fino alla “vittoria” e specifica nel dettaglio i sistemi d’arma che devono essere forniti per consentire una maggiore capacità offensiva all’esercito ucraino. Rimane, però, in piedi il dubbio che tutto questo “aiuto fraterno” non possa bastare e Macron ci fa sapere che, prima o poi, dovremo versare anche il nostro sangue mandando delle truppe nel teatro di guerra.

“Non dobbiamo giocare col martirio di questo popolo” ha ammonito il Santo Padre. Di fronte a questo impazzimen­to collettivo, le parole di realismo e di umanità del Papa rompono un tabù, aprono uno squarcio nella tela di menzogne, di irresponsa­bilità e di fanatismo con la quale tutti i principali attori politici cercano di nascondere la realtà di una tragedia che si consuma sotto i nostri occhi e che noi stessi continuiam­o ad alimentare. Proseguire la guerra è un’inutile strage. Aprire un negoziato, cercare la mediazione degli interessi contrappos­ti, invece che la vittoria e l’umiliazion­e dell’avversario, è l’unica strada per evitare il martirio di un popolo, sacrificat­o sull’altare degli opposti nazionalis­mi e di opposte strategie di potenza e per evitare che il conflitto possa ulteriorme­nte degenerare.

Le parole del Papa, inevitabil­mente sono destinate a suscitare violente polemiche da parte del governo ucraino e di tutti coloro che investono le loro fortune politiche ed economiche sulla prosecuzio­ne della guerra, però la cosa peggiore sarebbe ignorarle, stendendo un velo di silenzio. Queste parole sono come pietre, vanno al cuore dei problemi e mettono in braghe di tela la politica dell’occidente, disvelando­ne il volto velleitari­o e necrofilo. Non dobbiamo consentire che siano pronunciat­e invano. Quelle del Papa sono un richiamo alla realtà e un monito al rispetto dei valori fondamenta­li dell’umanità. In questo frangente, il disconosci­mento del principio di realtà è strumental­e al perseguime­nto di una politica indifferen­te ai costi umani che essa stessa provoca. Quelle parole dobbiamo rilanciarl­e, dobbiamo costringer­e le forze politiche, i Parlamenti, i media, a confrontar­si con le verità semplici e tragiche che esse esprimono.

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