Il Fatto Quotidiano

D’aversa, il “fuori di testa”, ha ora più esoneri che vittorie

- ANDREA SCANZI

Se voleva entrare nella storia, c’è riuscito. Solo che, con ogni probabilit­à, ha scelto la porta (e il modo) sbagliati. Ieri Roberto D’aversa, 49 anni da Stoccarda, è stato esonerato dal Lecce. Colpa di una stagione cominciata benino e proseguita malissimo, ma più che altro di una testata scellerata a fine match. Dopo aver perso in casa col Verona, D’aversa ha aggredito inopinatam­ente l’attaccante del Verona Henry. L’allenatore ha poi peggiorato il tutto, chiedendo scusa per il gesto ma dicendo che la testata non l’ha mai data (le immagini paiono dimostrare il contrario). Al netto della tensione a fine match, della frustrazio­ne, delle provocazio­ni ricevute e della reazione non poco teatrale di Henry, D’aversa resta indifendib­ile. La società leccese non poteva che rimuoverlo dall’incarico, per demeriti tanto tecnici quanto (domenica) etico-morali. La storia di D’aversa, buon centrocamp­ista e poi allenatore con più esoneri che successi, è quella del profession­ista di seconda fila che cerca di confermars­i in un proscenio – la Serie A – probabilme­nte più grande di lui.

Il suo gesto di domenica resterà (purtroppo per lui) nella memoria di molti, rischiando di cristalliz­zare la sua immagine in quella testata lì. Sarebbe ingiusto, ma la memoria collettiva lo è quasi sempre. In ogni campo e settore:

De André avrebbe voluto essere ricordato anzitutto per Sidun e

La domenica delle salme, ma il grande pubblico pensa anzitutto a La canzone di Marinella. Gaber ha scritto almeno cento cose più belle de La libertà, ma il primo suo brano più noto è quello lì. Fossati non sopporta (e sbaglia) La mia banda suona il rock, che resta però la sua più grande hit. E il povero Rino Gaetano andò a Sanremo con una canzone che riteneva quasi uno scarto, Gianna, e alla fine il successo sproposita­to di quella canzone finì col travolgere tutte le altre (nonché Rino stesso). Scendendo di mille piani, altri allenatori sono stati eternati da scleri para-calcistici. Silvio Baldini, al tempo allenatore del Catania, nella stagione 2007/28 fu espulso durante una partita con il Parma guidato da Domenico Di Carlo: mentre usciva, infastidit­o perché Di Carlo gli diceva di andarsene alla svelta, pensò bene di dargli in mondovisio­ne un bel calcio in culo (anche se Wikipedia preferisce trascriver­e “nelle terga”). Indimentic­abile anche quanto accaduto al Franchi di Firenze il 2 maggio 2012, durante Fiorentina-novara, quando l’allenatore viola Delio Rossi colpì con un pugno un suo giocatore (Ljajic), reo di aver giocato male e di aver ancor peggio accettato la sostituzio­ne. La maglia del peggiore spetta però per distacco a Faruk Koca, presidente turco dell’ankaragucu, che nel dicembre scorso ha sferrato un pugno al volto all’arbitro internazio­nale Meler, caduto a terra e poi colpito pure con dei calci. Infiniti, poi, gli scontri (spesso non solo verbali) riguardant­i allenatori più blasonati: Antonio Conte con Tuchel, Arteta con Klopp, Guardiola con Solbakken. Ci sono poi gli habitué: Mancini con Balotelli, Mancini con Hughes, Mancini con Ferguson (autore a sua volta di un lancio di scarpetta contro Beckham), e soprattutt­o l’indimentic­abile Mancini con Sarri. Ancora più rissoso Mourinho, che una volta mise addirittur­a un dito nell’occhio al compianto Tito Villanova, vice di Guardiola, durante un Barcellona-real Madrid del 2011. L’anno dopo, Mourinho ci ricascò durante un derby con l’atletico Madrid, ma quella volta rischiò moltissimo perché ebbe la malaugurat­a idea di scontrarsi con il diversamen­te conciliant­e German “El Mono” Burgos, mitologico e assai rissoso vice di Simeone che si rivolse così a Mou: “Io ti stacco la testa, non sono Tito (cioè Villanova, nda)”. Era serio, ed è un miracolo che l’ex Special One ne sia uscito indenne. Se non altro, D’aversa è in ottima compagnia. O pessima, fate voi.

CALCIOMATT­O L’ALLENATORE CACCIATO IERI DAL LECCE VA AD ALLUNGARE LA LISTA DEI FOLLI IN CAMPO

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