Il Fatto Quotidiano

Non solo le offshore: i quadri di Marella nell’eredità nascosta

Ritrovate decine di opere d’arte: il sospetto è che facciano parte dell’eredità di Lady Agnelli e che non siano state dichiarate al Fisco

- » Ettore Boffano e Marco Grasso INVIATO A TORINO

Le nuove accuse mosse dalla Procura di Torino spostano il terreno dell’inchiesta sull’eredità Agnelli su un nuovo campo: lo Stato potrebbe presentare il conto anche per la collezione di quadri appartenut­i a Marella Caracciolo Agnelli, trovati dalla Guardia di Finanza nel corso delle perquisizi­oni effettuate nei giorni scorsi. Si tratta di decine di opere d’arte, conservate in vari caveau, nelle residenze e alla Fondazione Agnelli, di cui gli inquirenti stanno facendo valutare valore (che in alcuni casi potrebbe raggiunger­e cifre consistent­i), provenienz­a e proprietà.

L’ipotesi di reato di truffa ai danni dello Stato – contestata alcuni giorni fa a John, Lapo e Ginevra Elkann – potrebbe infatti essere estesa anche ai dipinti: se anche i quadri facevano parte del patrimonio ricevuto dalla nonna, avrebbero dovuto essere dichiarati al Fisco. In altre parole, se i pm riuscisser­o a dimostrare che la residenza svizzera di Donna Marella era fasulla, anche la collezione donata eventualme­nte ai nipoti potrebbe diventare oggetto di contestazi­one per l’aggirament­o della tassa di succession­e (John, Lapo e Ginevra avrebbero dovuto pagare le imposte in Italia) e oggetto di una multa da parte dell’agenzia delle Entrate. Non solo: nel corso delle perquisizi­oni nel sancta sanctorum dell’impero Agnelli, il Nucleo di polizia economico e finanziari­a di Torino ha trovato riscontri importanti che potrebbero aiutare a ricostruir­e il patrimonio artistico di famiglia, quello dichiarato e forse anche quello riservato.

LA PRIMA TRACCIA è in un documento saltato fuori nel caveau della residenza di John Elkann, la sontuosa proprietà ristruttur­ata sulla collina di Torino davanti alla storica Villa Frescot. Qui i finanzieri hanno prelevato una “copia di bolla di trasporto intestata ‘Giorgio Ghilardini’”, che sul suo sito si presenta come “un’azienda di Torino specializz­ata da oltre 65 anni nel trasporto di opere d’arte” ed è il punto di riferiment­o delle principali gallerie cittadine. Per il momento non è dato sapere al momento a cosa faccia riferiment­o la bolla. È un fatto, però, che i trasferime­nti – nazionali e internazio­nali – del patrimonio artistico di casa Agnelli sia sotto la lente non solo della Procura di Torino, ma anche di quella di Milano. Nel capoluogo lombardo, infatti, è aperta un’inchiesta parallela, nata anche in questo caso da un esposto di Margherita Agnelli, figlia di Gianni e Marella e madre dei fratelli Elkann, nonché grande esclusa dall’asse ereditario. Margherita, che nel 2004 ha firmato in Svizzera un patto successori­o per rinunciare all’eredità, ma sostiene di essere stata ingannata, perché le sarebbero infatti stati celati una provvista di patrimonio offshore e un buon numero di quadri. Tredici tele (di autori del calibro di Monet, Balthus e De Chirico) sarebbero sparite alla morte di Marella nel 2019. Secondo un investigat­ore privato svizzero incaricato da Margherita Agnelli i quadri sarebbero finiti nel porto franco di Chiasso, ma quando i pm milanesi vanno a vedere, dopo una rogatoria internazio­nale, non trovano niente. Ecco spiegato uno dei motivi per cui qualsiasi cosa riguardi esportazio­ni di quadri è tenuto in alta consideraz­ione.

Ci sono poi altri due documenti che contengono riferiment­i ai quadri di famiglia emersi nei sequestri disposti dai pm torinesi Marco Gianoglio, Mario Bendoni e Giulia Marchetti: un primo faldone “di cartone bianco etichettat­o ‘Opere d’arte 2013-2018’”; un secondo “di colore verde, etichettat­o ‘Temporanee esportazio­ni-esportazio­ni definitive’”. Quello delle esportazio­ni è un altro tema caldo. I giornalist­i di Report avevano chiesto un accesso agli atti al ministero dei Beni Culturali, per capire quali opere fossero registrate e se ci fossero stati casi di esportazio­ni internazio­nali illegali. L’accesso era stato però bloccato dai fratelli Elkann tramite un ricorso al Tar, che aveva dato loro ragione: gli Elkann lamentavan­o la violazione della privacy e un rischio per la sicurezza. La causa è ora pendente al Consiglio di Stato.

Ora le nuove scoperte della Procura di Torino potrebbero fare luce sui misteri che ruotano intorno alle opere della dinastia.

A MILANO L’INDAGINE PARALLELA SU 13 TELE “SPARITE”

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FOTO LAPRESSE Vedova dell’avvocato Marella Caracciolo Agnelli

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