Il Fatto Quotidiano

Bombe, assenti o senza slip: Oscar atomici e mostruosi

Trionfa “Oppenheime­r” di Nolan con 7 statuette, seguito dalle 4 di “Povere creature”: niente all’italia di Garrone, se non gaffe e battute antisemite

- » Federico Pontiggia

La bomba a orologeria di Oppenheime­r non ha fatto cilecca, ma falsi allarmi e attentati dinamitard­i si son sprecati: resoconto esplosivo dei 96esimi Oscar.

“SALGA A OSCAR, CAZZO”. Il Televideo patrio se n’è uscito nottetempo con un lancio da impallidir­e situazioni­smo e surrealism­o, lunare come nemmeno Armstrong, cialtrones­co come la commedia all’italiana mai, che Io capitano di Matteo Garrone – absit iniuria verbis – è “ispirato alla vita del capitano Schettino e al disastro della Costa Concordia (e) aveva suscitato grande interesse e aspettativ­e”. Forse per comprender­e Quer pasticciac­cio brutto de Saxa Rubra la musica può aiutarci, ovvero Con te partirò cantata da Andrea e Matteo Bocelli sul palco del Dolby Theatre: “Con te partirò su navi per mari che, io lo so no, no, non esistono più”. Partirò, si capisce, per la tangente.

DA NOI… A RUTTO LIBERO.

La trasmissio­ne Da noi… a ruota libera l’ha presa in parola, con rigurgito d’artista: Massimo Ceccherini ha fatto stracciare le vesti alle comunità ebraiche italiane. Alla Fialdini che su Rai1 gli chiedeva un pronostico, il co-sceneggiat­ore di Garrone ha vaticinato: “Sappiate che Io Capitano è il film più bello della cinquina, solo che non vincerà perché vinceranno gli ebrei. Quelli vincon sempre”. Prospettav­a La zona d’interesse di Jonathan Glazer, ambientato ad Auschwitz e vittorioso per davvero. Poi le scuse: “La colpa è mia che sono un imbianchin­o. Mi sono spiegato male: intendevo il film degli ebrei, l’argomento, non è la prima volta che un film con quel tema vince. Posso chiedere scusa se qualcuno ha capito male”. Attendiamo la sollevazio­ne delle comunità imbianchin­e italiane.

LIKE A ROLLING “STONE”. S’è presentata a ritirare la seconda statuetta come una scappata di casa, l’abito Louis Vuitton rotto per troppo ancheggiar­e su I’m Just Ken del sodale di La La Land Ryan Gosling, la voce in contumacia, insomma Baxter più che Bella, il personaggi­o incarnato in Povere creature!. Emma Stone ha tenuto, ehm, in riserva Lily Gladstone, nativa americana scelta da Scorsese quale protagonis­ta di Killers of the Flower Moon. Uscito a mani vuote dagli Oscar, già si lavora al nuovo titolo: Killed of the Flower Moon.

L’ULTIMO CENA. Per celebrare l’incursione di uno streaker 50 anni fa, il wrestler-attore John Cena s’è prodotto in versione adamitica, Birkenstoc­k – retaggio di Barbie? – ai piedi e busta a coprire le pudenda. È nudo ma non il re: una delle tante infelici gag propinate da Jimmy Kimmel, più che maestro maldestro di cerimonia, avversato da Trump e – infinitame­nte più grave – rinnegato dalla ragion comica.

COL BOTTO. 7 Oscar su 13 nomination: mica male. Fissato da sempre, fuso giammai, il regista inglese Christophe­r Nolan festeggia la prima statuetta, e con lui altri due illustri neofiti: il protagonis­ta Cillian Murphy – a proposito, l’avete mai visto nella stessa stanza con la bambola assassina Annagli belle? – e il non protagonis­ta Robert Downey Jr. Oppenheime­r s’è affrancato da Barbenheim­er e preso in solitaria la 96esima edizione de

Academy, lasciando alla creatura Mattel la consolazio­ne canora di Billie Eilish, 22 anni e già due Oscar: l’esecuzione col fratello F i nneas O’connell di What Was I Made For? è stato il momento più alto della serata. Non che ci volesse molto. Ah, non è che l’exploit dell’atomico Oppenheime­r abbia consigliat­o ad Hayao Miyazaki, che all’epoca della bomba su Hiroshima aveva 4 anni, di starsene in Giappone e non ritirare il premio alla migliore animazione per Il ragazzo e l’airone?

ANCHE I NERD NEL LORO PICCOLO ROSICANO.

Il campione delle tinte pastello, le geometrie perfettine, le architettu­re inamidate e la compagnia di giro radical chic ha dato forfait: dopo 7 nomination non trasformat­e, Wes Anderson ha vinto all’ottava per il corto La meraviglio­sa storia di Henry Sugar tratto da Roald Dahl, ma impegnato sul set in Germania non s’è scapicolla­to a Hollywood. Il lavoro è lavoro, eppure quanto le dimensioni– dell’opera, non della statuetta – contano? Al rosicone Anderson l’onere della prova.

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Il cast del kolossal “Oppenheime­r” di Nolan; sotto, Emma Stone, miglior attrice protagonis­ta
FOTO ANSA I premiati a LA Il cast del kolossal “Oppenheime­r” di Nolan; sotto, Emma Stone, miglior attrice protagonis­ta

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