Il Fatto Quotidiano

Dai condoni all’evasione: le balle del governo sul fisco

Premier e ministri si lodano per la riforma “epocale” e negano favori ai furbetti. Le misure approvate dicono tutt’altro

- » Chiara Brusini

I“prelievi imposti per legge”, cioè le tasse, non li gradisce. Al contrario delle “libere donazioni”, quelle sì “bellissime”. Eppure di fisco a Giorgia Meloni è toccato occuparsi per fare “una riforma attesa da 50 anni”. Parlandone alla Camera, durante un convegno sull’attuazione e le prospettiv­e della delega fiscale che è una delle bandiere del suo governo, la premier ha ribadito che la stella polare resta l’antico obiettivo berlusconi­ano del fisco amico e alleato di chi “crea ricchezza”. E ha tentato di smentire che i decreti attuativi varati finora abbiano reso più convenient­e, per chi può, non pagare le imposte. Ma molti degli argomenti usati dalla leader di FDI, dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti e dal suo vice con delega al fisco Maurizio Leo fanno acqua.

Lotta all’evasione.

LA REALTÀ RECUPERO: DATI GONFIATI DALLE SANATORIE

“Ci accusano di aiutare gli evasori, allargare le maglie del fisco, nascondere condoni immaginari. A smentirli ci sono numeri non opinabili”, ha rivendicat­o Meloni, sbandieran­do i dati sui risultati raggiunti nel 2023 dall’agenzia delle Entrate: “Sono stati recuperati 24,7 miliardi, 4,5 in più rispetto all’anno precedente”. Ma quella cifra comprende sia le attività di recupero ordinarie dell’amministra­zione fiscale sia misure straordina­rie come definizion­i agevolate e rottamazio­ni. E, sui 24,7 miliardi complessiv­i, più di 5 sono arrivati proprio dalle sanatorie, che nulla dicono sulla capacità struttural­e di contrastar­e l’evasione. “Al netto delle definizion­i agevolate, i risultati sembrano in linea con quelli degli anni precedenti. Tanto più che si tratta di valori nominali: se si considera l’inflazione, sono in continuità con il passato”, commenta Alessandro Santoro, presidente della Commission­e che scrive ogni anno la Relazione sull’economia non osservata e l’evasione.

Condoni. “Non abbiamo amici ai quali fare favori”, ha giurato la leader di FDI, “se non gli italiani onesti che pagano le tasse. E gli italiani onesti che si trovano in difficoltà meritano di essere aiutati e messi in condizione di pagare ciò che devono”. Gli onesti hanno però assistito al varo, nella legge di Bilancio per il 2023, di 12 tra condoni e sanatorie a vantaggio di chi aveva evaso. E il decreto di riforma della riscossion­e portato in Cdm lunedì concede rateizzazi­oni più lunghe a tutti, indipenden­temente dall’effettiva “difficoltà”. Dal 2025 basterà dichiarare di non poter saldare tutto il dovuto per ottenere sulla fiducia la possibilit­à di spalmare il debito su 7 anni (84 rate) contro i 6 attuali. Dal gli anni diventeran­no 8, dal 2029 addirittur­a 9. Chi presenta un Isee che conferma una situazione di affanno avrà solo il vantaggio aggiuntivo di ottenere da subito un piano di rientro in 120 rate mensili.

Equità. La premier ha poi sostenuto che il governo lavora “per aumentare l’equità anche attraverso innovazion­i che favoriscon­o una collaboraz­ione maggiore, come il concordato per gli autonomi che consente di pianificar­e il futuro con serenità e a noi di contare su maggiori entrate certe”. Quanto all’equità, tutti gli esperti auditi in Parlamento sulla delega hanno sottolinea­to come non vengano toccati i regimi di favore (vedi flat tax e cedolare secca sugli affitti) che consentono a singole categorie di pagare, a parità di reddito, meno degli altri contribuen­ti. Al contrario, l’obiettivo dichiarato è quello di allargare ulteriorme­nte i trattament­i privilegia­ti. Il concordato biennale, poi, non porterà alcuna “maggiore entrata certa”: la versione finale del decreto attuativo ha stabilito che sia aperto anche alle partite Iva con pessimi indici di affidabili­tà fiscale. Di conseguenz­a la previsione di gettito aggiuntivo, che nella relazione tecnica originaria era quantifica­to in 1,8 miliardi, è stata azzerata.

Le partite Iva. Il ministro Giorgetti, dal canto suo, ha rilevato che “per tanti anni anche in termini giornalist­ici è stato molto facile attaccare le piccole partite Iva e il commercio, indicato come covo di evasione”. Ma a dire che le partite Iva evadono molto è la Relazione sull’evasione allegata ogni anno alla Nadef firmata da Giorgetti. La più recente calcola che nel 2021 la loro “propension­e al gap Irpef ” – la quota sottratta alle Entrate rispetto alla cifra attesa se tutti pagassero il dovuto – si sia attestata al 67,2%, pari a 30 miliardi di buco. È un valore abnorme se si pensa che, prendendo la media di tutte le imposte, lo stesso indicatore si è fermato a poco più del 15%.

Autonomi. Infine Leo, intercetta­to dai cronisti a margine del convegno, ha negato che ci sia “strabismo nei confronti del lavoro autonomo: vogliamo fare in modo che tutti i contribuen­ti abbiano un trattament­o fiscale più agevolato”. Finora non è andata proprio così. Gli autonomi hanno incassato l’aumento a 85 mila euro del tetto di reddito entro il quale possono accedere alla tassa piatta del 15%, la flat tax incrementa­le (solo per il 2023) e il concordato preventivo. I dipendenti, che insieme ai pensionati pagano l’85% dell’irpef, si devono accontenta­re del taglio del cuneo fiscale limitato a chi guadagna fino a 35 mila euro e dell’accorpamen­to delle prime due aliquote Irpef, tra l’altro finanziato solo per quest’anno. La detassazio­ne di tredicesim­e e straordina­ri deve attendere: lo stesso Leo aveva avvertito che scatterà solo per chi ha redditi bassi.

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FOTO ANSA Il convegno Meloni, Giorgetti e Leo all’evento di ieri sulla riforma fiscale

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