Museo Morgagni “Nei miei studi non c’è spettacolo, solo ricerca”
nel recente articolo sul Museo Morgagni a firma di Antonello Caporale. Avrei voluto rispondere alla vice-rettore Monica Salvadori che non ha fornito alcuna motivazione quando, all’inizio di quest’anno, ha respinto la mia richiesta di utilizzare immagini fotografiche della collezione del Museo, e di fare ulteriori ricerche. Anzi, mi ha addirittura chiesto di “desistere dall’utilizzare il nome del Museo Morgagni e dell’università di Padova”. Se avessi saputo, come rivela l’articolo di Caporale, che le autorità accademiche avevano supposto che il mio obiettivo fosse quello di intraprendere “la teatralizzazione dei resti umani” e che la pubblicazione risultante sarebbe stata una forma di “spettacolarizzazione”, avrei protestato. Non mi occupo di giochi circensi. Sono uno storico della medicina e della scienza. Il mio lavoro viene pubblicato su riviste accademiche e da case editrici come Princeton University Press, Johns Hopkins Univ Press, Oxford Univ Press.
Parte della mia ricerca riguarda la lunga storia degli spettacoli anatomici, delle performance e delle mostre, che si sono svolti sia all’interno delle scuole di medicina che per il pubblico in generale. Il teatro anatomico dell’università di Padova è stato aperto al pubblico in varie occasioni, e “La suicida punita” è stato esposto all’esposizione Universale di Parigi del 1867.
Salvadori sostiene che “in America” la teatralizzazione dei resti umani “è un’attività molto sviluppata” – un’esagerazione grossolana – ma nella sua mente forse questa è una giustificazione sufficiente
per negarmi (un americano) l’uso della collezione del Museo. Se così fosse, chiederei alla professoressa se i medici e gli studenti di Medicina (e i visitatori del Museo) di oggi non stiano violando anche “i diritti universali alla privacy” delle persone decedute più di cento anni fa. E in tal caso, quale sarebbe il danno aggiuntivo causato da uno storico qualificato? Il mio progetto tratta delle rivendicazioni etiche che emergono dall’uso e dall’esposizione di campioni anatomici e patologici storici. Una di queste rivendicazioni è che, dopo un certo periodo di tempo, diciamo cento anni o più, nessun ulteriore danno può colpire coloro che non hanno avuto la possibilità di rifiutare il bisturi dell’anatomista, i campioni ottenuti dai loro corpi appartengono alla nostra storia collettiva. Il compito degli amministratori universitari è quello di promuovere la libertà accademica, facilitare l’accesso e incoraggiare gli studi.