Maestri al Nord: i candidati sono meno dei posti
I dati Cisl Il concorso con 350mila aspiranti per 44mila cattedre non cancella il divario
Èl’eternatransumanzadegli insegnanti oppure, questa volta, siamo di fronte alla sua fine? Formalmente, nonostante la continua battaglia per ridurre i divari scolastici tra Nord e Sud e, per ultima, quella dello stesso ministro dell’istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che vuole abbattere il precariato, a quanto pare il mestiere di maestro a tempo indeterminato non piace al settentrione. Sarà per il compenso dei docenti italiani da sempre ben al di sotto della media europea o forse per il maggior numero di alternative con possibilità di carriera: insomma, fatto sta che anche in uno dei concorsi per diventare docenti di ruolo tra i più partecipati, in alcune regioni del Nord Italia e per alcuni ambiti di concorso, ci sono più posti che candidati.
SECONDO UN’ANALISI
della Cisl Scuola, infatti, il concorso per infanzia e primaria prevede in generale un’alta concorrenza, con quasi tre candidati (2,91 per la precisione) per ogni posto disponibile. Eppure, l’analisi – basata su informazioni aggregate del ministero – evidenzia differenza molto ampia tra le diverse regioni. Basti pensare che in Lombardia il numero dei posti in palio super a quello degli aspiranti, mentre in Umbria si registra il record di quasi 25 candidati per ogni cattedra. Scendendo, si incontrano 18 candidati per posto in Campania, 19 in Abruzzo, 20 in Sicilia, 21 in Molise. E ancora, 16 in Calabria, 14 nelle Marche, 9 in Puglia, 8 in Basilicata, 5 in Toscana e 4 in Lazio. Non si arriva ai due candidati per posto in Veneto, Piemonte, Liguria e Friuli Venezia Giulia. In Lombardia ci sono 0,89 aspiranti per posto.
Si tratta in realtà di un dato che fa gioco ai teorizzatori dell’autonomia differenziata a partire dalla scuola, immaginando come punto di arrivo l’autonomia nelle carriere dei docenti e anche nella formazione del loro stipendio e nelle regole sulla loro mobilità. A fine 2023 era stato lanciato l’allarme sul caro vita mentre, al termine delle immissioni in ruolo, solo poche centinaia di posti erano stati riempiti con la cosiddetta “call veloce” (che permette in pratica di essere assunti in tempi record se si decide di andare a insegnare, vincolati per anni, in una Provincia-regione lontana dalla propria) rispetto alle migliaia vacanti.
ALLARGANDO
lo sguardo, ci si accorge che si è di fronte a uno squilibrio tra domanda e offerta: il concorso che si sta svolgendo in queste settimane, infatti, ha visto la partecipazione di oltre 300mila candidati per un totale di circa 44mila posti tra primaria e infanzia, secondaria e sostegno. Solo in Campania ci sono oltre 60mila candidati per 2mila posti. Ancora una volta, il Sud è quello con più partecipazione.
“In Sicilia ci sono pochi posti, circa mille, e tanti candidati, circa 40.000, per un concorso che non risolve nessun problema del precariato e del fabbisogno di docenti in tutte le scuole di ogni ordine e grado – ha spiegato Adriano Rizza, segretario della Flc Cgil Sicilia – È evidente che l’attuale difficoltà a rientrare a casa ha spinto la stragrande maggioranza degli aspiranti docenti siciliani a partecipare per i posti messi a concorso nella propria Regione e non nelle Regioni del Centro Nord dove ci sono più possibilità”. Per legge, infatti, i vincitori di concorso devono rimanere nel posto in cui vengono immessi in ruolo per almeno 3 anni. Una norma che i sindacati contestano sin dalla sua introduzione. Nata con l’intento di garantire maggiore continuità agli studenti, ora potrebbe essere un boomerang “poiché - conclude Rizza in una nota - le Regioni, grazie al disegno di legge a firma del ministro Calderoli sull’autonomia differenziata, avranno la possibilità di legiferare anche sulla mobilità, peggiorando l’attuale condizione”.