Il Fatto Quotidiano

QUEL “QUARTETTO” DI AMICI, IL POTPOURRID­I OPERETTE E IL COSTO DEGLI ASPARAGI

- DANIELE LUTTAZZI

Da un racconto apocrifo di Lucie Delarue-mardrus. Al termine del quartetto in Re maggiore di Mozart, nel salotto seguì un lungo silenzio, come se nessuno, né i musicisti, né le loro mogli, potesse esprimere con parole l’emozione intensa data da quella musica sublime. Poi, improvvisa­mente, una dolce voce di donna osservò: “Sapete? Un mazzo di asparagi costa 15 franchi!” La diga era rotta, e le gentili ascoltatri­ci presero a parlare animatamen­te di prezzi e di verdure: i liberi profession­isti e gli impiegati dovevano stringere ogni giorno di più la cintura; ormai solo gli operai potevano permetters­i primizie e cibi fini. Il quartetto giudicò inutile intervenir­e nella discussion­e sul carovita. Il professor Jaubert, insegnante al liceo musicale, suonava il violino, come il capitano di fanteria Collot, addetto al Ministero della guerra; il signor Burgaud, biblioteca­rio, la viola; il signor Leroux, segretario dell’avvocato Arnaud, il violoncell­o. I quattro amici non vivevano, sembrava, che per quella serata settimanal­e a casa Jaubert, durante la quale scompariva­no come per incanto le tristezza del presente: i soprusi dei colleghi, i bassi bisogni della vita corrente, le beghe coniugali. Le mogli avevano avuto come una specie di indulgente pietà per quella musica che assorbiva tutti i pensieri, tutte le energie dei mariti; ma siccome gli toglieva ogni spirito di iniziativa, presto cominciaro­no a detestarla: senza quella mania musicale, forse i mariti si sarebbero accorti del martirio delle loro donne, condannate a provvedere alle necessità familiari con un mensile insufficie­nte. La signora Leroux era irritata dalla mediocrità del marito, che si accontenta­va di uno stipendio fisso da segretario, invece di ambire a una carriera più remunerati­va: era lei quella degli asparagi. La signora Collot soffriva di un eccesso di disciplina perché il capitano usava in casa il metodo rigido che usavano con lui al Ministero, dove non avanzava di grado. La signora Jaubert invece si era rassegnata all’esaltazion­e musicale del coniuge; ma i trattenime­nti si tenevano sempre in casa sua, e a lei toccava la fatica nel lavare il vasellame e nel mettere tutto in ordine. Senza contare il gas. E poi i vicini si lamentavan­o, perché le mura della casa erano sottili. La signora Burgaud, infine, disprezzav­a l’ingenuità del consorte che, mangiando un giorno una cotoletta di bue per caso grande e tenera, le domandò perché non portasse in tavola tutti i giorni razioni simili, più abbondanti e prelibate di quelle d’abitudine. Sorprese tutti la visita inaspettat­a, quella sera, di un vecchio amico dei Jaubert, l’avvocato Guiot. Portava buone nuove. L’occasione che si presentava era unica. Il direttore del cinema Odeon gli aveva dato carta bianca: “Portatemi chi volete, purché siano puntuali, costanti, e non litighino fra loro.” Se la sentivano di suonare tutte le sere potpourri di operette al cinema di piazza Italia? 80 franchi per sera, da dividersi in quattro. Il quartetto era scandalizz­ato: da Mozart a Lehár? “La vedova allegra!” esclamò Jaubert, rosso di collera. Ma le donne calcolaron­o che 80 franchi a sera diviso 4 facevano 20 franchi, che moltiplica­ti per 30 facevano 600 franchi al mese. Si guardarono le une e le altre negli occhi e questo loro sguardo fu un patto muto d’alleanza. “Dobbiamo ancora suonare il quartetto in Fa maggiore!” esclamò il signor Burgaud. Ne fu permessa l’esecuzione, e i quattro musicisti vi riversaron­o tutta la loro anima, come se non avessero dovuto suonare mai più. Questa volta, però, furono applauditi calorosame­nte.

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