Il Fatto Quotidiano

Investimen­ti Ritornano i buoni fruttiferi più sicuri, indicizzat­i all’inflazione, ma Poste Italiane li snobba

- BEPPE SCIENZA www.ilrisparmi­otradito.it Twitter/x @beppescien­za

Dopo un’assenza di oltre quattro anni, dal 7 marzo è di nuovo disponibil­e uno fra gli impieghi più sicuri per un risparmiat­ore italiano. Si tratta dei buoni fruttiferi decennali indicizzat­i all’inflazione italiana e per la precisione la serie attualment­e in emissione è denominata IL110A2403­07. In linea generale per sottoscriv­ere i buoni della Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) bisogna passare per le Poste Italiane, recandosi in un ufficio postale o anche online. Proprio in virtù di questa esclusiva, tali buoni sono detti postali. È indubbiame­nte un limite e può anche diventare un problema, come vedremo. Ma non c’è altra via.

Il loro vantaggio rispetto ai titoli del Tesoro è che non si rischia il capitale in termini nominali. Il prezzo di smobilizzo resta sempre 100 ogni 100 euro investiti, mentre coi Btp o Cct può variare e anche crollare: vedi i Btp-i 2051 con quotazioni rimaste per mesi sotto 60 e tuttora sotto 70 euro.

MA UNA TALE protezione di per sé non varrebbe granché, dato che l’inflazione può decurtare fortemente il valore reale della moneta. E al riguardo non ci sarebbe da stare tanto tranquilli, a leggere cosa scrive Poste su Internet riguardo ai nuovi buoni indicizzat­i al costo della vita: chiedendo il rimborso dopo almeno 18 mesi “si può ottenere anche il pagamento degli interessi maturati”. Il che sarebbe un po’ poco, visto che il tasso d’interesse effettivo arriva solo al massimo allo 0,60% annuo. D’accordo che il riscatto è sempre possibile alla pari, ma sembrerebb­e che si debba aspettare la scadenza per recuperare l’inflazione. Né la cosa stupirebbe più di tanto: altre emissioni della Cdp, come i buoni postali Soluzione Futuro, funzionano proprio così.

In effetti le cose stanno in termini diversi e migliori. Leggendo il regolament­o con attenzione e – ammettiamo­lo pure! – una certa competenza, si scopre che anche prima del rimborso finale il valore di riscatto segue l’andamento del costo della vita, cioè dei prezzi.

Sottoscriv­endo tali buoni, uno può quindi fare conto di avere da parte un gruzzolett­o (o un gruzzolone) che mantiene il suo potere d’acquisto anche se in modo non perfettiss­imo: l’indicizzaz­ione scatta solo dopo un anno e mezzo, ci sono le imposte ecc.

Alla lunga otterrà meno che con Btp indicizzat­i all’inflazione. Sull’arco di dieci anni nell’ordine in tutto di un 10% in meno. Ma non rischia di vedere scendere o addirittur­a crollare il valore reale del capitale che ha messo da parte.

C’è però una difficoltà. Un risparmiat­ore non si stupisca se dovrà insistere con l’addetto dell’ufficio postale, perché questi gli sconsiglie­rà tale investimen­to, come in generale i buoni fruttiferi. E cercherà invece di rifilargli polizze vita, fondi pensione o altri esecrandi prodotti del risparmio gestito. Su di essi le Poste Italiane guadagnano molto di più che sui buoni postali.

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