Calenda si consegna al ras-martire Pittella: “Noi come gli ebrei”
Il campo largo della destra in Basilicata inizia con una figuraccia di pessimo gusto. E la colpa è degli ultimi arrivati, ovvero i centristi di Carlo Calenda che insieme a Iv hanno appena ufficializzato il sostegno al forzista Vito Bardi alle prossime Regionali. A mettere tutti in difficoltà è un messaggio audio diffuso domenica nelle chat di Azione da Marcello Pittella, dominus lucano del partito e già governatore: “C’è un’azione (del Pd, ndr) a far male, a far morire. Sapete quando deportavano gli ebrei e dovevano portarli nella camera a gas? Ecco, io per loro sono un ebreo che deve morire, insieme ad Azione. Aderiamo al centrodestra e sopravviviamo a coloro che attentano alla nostra vita politica”.
Parole che indignano la sinistra e gelano gli alleati di Pittella, in evidente imbarazzo.
Quando esplode il caso, l’ex governatore abbozza scuse non troppo convinte: “Sono profondamente dispiaciuto per l’accaduto e mi scuso con chi può essersi sentito offeso. Sono giorni di stress e tensione emotiva che hanno generato una ingiustificata e totalmente non voluta iperbole”. Come possa essere “non voluta” resta difficile da capire. Fatto sta che pure Calenda minimizza, preferendo spostare l’attenzione sul leader M5S Giuseppe Conte: “Certo che le parole di Pittella sono state fuori luogo, lo ha detto lui stesso. Dovete pensare all’emozione di una vita spesa nel centrosinistra e vedersi escluso per un veto del M5S, non è una cosa banale. La politica di Conte mi fa orrore: soldi buttati nel Superbonus, proputinismo, la promessa di sussidi graduidamente”.
Abbastanza per stuzzicare la reazione di Conte, che definisce “vergognose” le frasi di Pittella e attacca il metodo spregiudicato di Azione: “Calenda non è credibile. Pittella non parla mai di progetti. Ci sono pacchetti di voti trasferiti da questa famiglia, elettori trattati come merce. Il centrodestra è ben lieto di accoglierli”.
IL RIFERIMENTO
è alla storia dei Pittella, famiglia che da decenni è al centro della politica lucana grazie a Marcello, al fratello Gianni e, prima ancora, al defunto padre Domenico, tre volte senatore col Psi tra gli anni 70 e 80. Marcello e Gianni Pittella stavolta saranno forse divisi, perché ieri Gianni ha preso le distanze dal sostegno a Bardi: “Non mi riconosco nella scelta di Azione”. Da vedere se la sua sarà solo una “desistenza”. I due fratelli hanno condiviso la militanza nei socialisti, nei Ds e poi nel Pd, ricoprendo ognuno incarichi di rilievo in Regione e non solo: il primo è stato sindaco nella sua Lauria, nel Potentino (dove oggi è sindaco Gianni) e poi renzianissimo presidente della Basilicata dal 2013 al 2019, prima delle dimissioni a seguito di uno scandalo sulla sanità che lo vedrà poi assolto; il secondo, Gianni, è stato quattro volte eurodeputato e una volta senatore. Entrambi se ne sono andati dal Pd sbattendo la porta due anni fa e hanno trovato presto ristoro tra le braccia di Calenda, il cui partito non aveva certo nella Basilicata il suo granaio di voti. È anche grazie ai Pittella invece che in Lucania Azione si è allargata ottenendo discreti risultati già alle ultime Politiche (la lista unica coi renziani andò meglio della media nazionale dell’8 per cento) e oggi, nonostante formalmente il segretario regionale sia l’ex dem Donato Pessolano, tutte le decisioni e i destini elettorali passano ancora per la famiglia. E attraverso la famiglia si spostano in Azione amministratori locali e militanti legate al potere pittelliano: basti pensare che l’anno scorso a Lauria è stata aperta la prima sede del partito, affidata all’ex sindaco Michele De Clemente.
PER QUESTO Marcello sarà in lista per il Consiglio regionale il 21 e 22 aprile, lui che persino nel 2019 – dopo l’arresto e le dimissioni dalla Regione – si presentò comunque con una civica e raccolse più preferenze di ogni altro aspirante consigliere (oltre 8 mila). Voti che sembrano seguire il “franchise Pittella” a prescindere dal partito e dalle coalizioni, oltreché dalle peripezie politiche e giudiziarie dei protagonisti. Bardi e Calenda sperano che funzioni anche stavolta.