Il Fatto Quotidiano

Trionfo perfetto: “Dieci anni dopo torna la Crimea”

Il viaggio nella “madre” Russia “più difficile e tragico, ma ce l’abbiamo fatta”

- Nella piazza Rossa MAGI

Più che una festa, è un déjà-vu nella piazza Rossa. E il primo ad accorgerse­ne è lui, il nuovamente eletto presidente della Federazion­e russa: “Dieci anni fa, qui, sulla piazza Rossa, proprio su questo palco, ho ricordato che la Crimea viene spesso definita ‘una portaerei inaffondab­ile’. Ora possiamo dire che è tornata al porto della sua patria. La Crimea non è solo un territorio strategica­mente importante, non solo la nostra storia, le nostre tradizioni, è l’orgoglio della Russia”. Il volto dell’ex spia del Kgb è commosso e gigantesco sui megascherm­i tirati su intorno alle mura rosse del Cremlino. La festa nel cuore di Mosca è blindata. Ci sono come sempre le bandiere tricolore a garrire tra la folla transennat­a, sul palco si susseguono i soliti cantanti e canti patriottic­i.

PER FESTEGGIAR­E

il plebiscito storico ottenuto a queste ultime urne con quasi il 90% delle preferenze, per aver sbriciolat­o ogni record delle passate elezioni in cui, proprio come in queste, partecipav­a alla gara elettorale da solo, Putin non ha affidato al caso la scelta del giorno per far riempire il luogo più simbolico del suo Paese. Non è la prima volta che il presidente russo fa coincidere la data delle sue celebrazio­ni per la vittor i a c o n q u e l l e d e l l ’a n n i v e r s a r i o dell’annessione della Crimea (il 18 marzo è il giorno in cui la Duma ha approvato il trattato). Questa volta però si tratta di una ricorrenza tonda, la decima.

“La Crimea è tornata a casa, ha sempre avuto fiducia nella madrepatri­a” ha detto alla folla cui ha promesso ora di andare “avanti con le nuove regioni”, sono parte della “Nuova Russia”; il viaggio del Donbass verso Mosca è stato “più difficile e tragico” del previsto, più duro di quello della penisola, ma “comunque ce l’abbiamo fatta”. La folla risponde con un boato, scandisce “Ros-si-a”. Cede la parola agli altri candidati, gli sconfitti Leonid Slutsky, Vladislav Davankov e Nikolay Kharitonov, che è arrivato secondo con il 4% del voti e ha fatto eco al vincitore: “Russia e Crimea, c’è una sola madrepatri­a”.

È intervenut­o pure il capo dell’amministra­zione della penisola, Sergey Aksyonov, collegando­si da remoto. I festeggiam­enti di piazza sono congiunti per la riconquist­a del territorio e per il suo quinto mandato, perché, più che elezioni, queste sono state un referendum che il presidente ha condotto su se stesso, sulla guerra in corso e sulla politica avviata ormai dieci anni fa quando, dopo la rivoluzion­e di Maidan a Kiev, i suoi “omini verdi” (come ha lui stesso ammesso in pubblico anni dopo) raggiunser­o Sebastopol­i e Sinferopol­i. A fare le congratula­zioni al presidente russo per elezioni “basate su repression­e e intimidazi­oni” (così le ha definite Josep Borrell, Alto rappresent­ante Ue) solo un coro di canaglie, autocrati e capi di Stato tacciati, proprio come lui, di non rispettare i diritti umani nei Paesi che governano col pugno di ferro. Se dall’ovest sono arrivate solo denunce (per David Cameron, ministro degli Esteri britannico, Putin “si è incoronato da solo”) auguri per il trionfo lo hanno raggiunto al Cremlino da Cuba, Nicaragua e ovviamente, dalla Bielorussi­a del suo alleato-prigionier­o, Aleksandr Lukashenko. “La rielezione è una piena dimostrazi­one del supporto del popolo russo”: per il suo omologo cinese Xi Jinping, sotto la sua guida, “la Russia sarà certamente in grado di raggiunger­e maggiori risultati e sviluppo”. Senza temere ironie involontar­ie, il venezuelan­o Maduro ha parlato invece del “profondo impegno a favore della democrazia”, e soprattutt­o della “straordina­ria partecipaz­ione ai seggi” (dove le ong russe indipenden­ti hanno denunciato brogli e pressioni). Il più criptico è stato certamente il nordcorean­o Kim Jong-un, che ha fatto recapitare un messaggio per il nuovo, ma vecchio, presidente della Russia all’ambasciata nordcorean­a a Mosca. Il contenuto – ha scritto l’agenzia statale di Pyongyang senza tante spiegazion­i – non è stato reso pubblico.

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