Il Fatto Quotidiano

Armi a Tel Aviv Anche Tajani mente e l’uama non risponde

- ALESSIA GROSSI E GIANNI ROSINI

NDISCORDAN­ZE UN MESE FA AL FATTO: “STOP PURE A VECCHIE LICENZE”

el gioco di conferme e smentite del governo sulla fornitura di armi da parte dell’italia a Israele dopo il 7 ottobre si aggiunge un nuovo tassello. L’inchiesta di Altreconom­ia sui dati dell’export del quarto trimestre 2023, ripresa dal Fatto, ha svelato forniture a Tel Aviv per almeno 2,1 milioni di euro da ottobre a dicembre scorsi, nonostante il ministro della Difesa Guido Crosetto lo avesse negato, così come il ministero degli Esteri, che al Fatto ha spiegato che “ogni nuova licenza di esportazio­ne è stata bloccata” e che i numeri dell’istat citati nell’inchiesta potrebbero riferirsi “a residui di licenze o contratti precedente­mente in essere”. Peccato che era stato proprio dal ministero guidato da Antonio Tajani che, un mese prima, erano arrivate al Fatto informazio­ni opposte. Il 12 febbraio, infatti, avevamo chiesto al ministero se lo stop alle esportazio­ni di armi fosse legato solo alle nuove autorizzaz­ioni o anche a quelle già in essere, quindi rilasciate prima del 7 ottobre. La risposta era stata secca: “Anche a quelle già in essere”. Tanto che, due giorni dopo, alla richiesta di ulteriori chiariment­i da parte del Fatto sulla decisione della maggioranz­a di respingere parte di una mozione M5S nella quale si chiedeva di “sospendere urgentemen­te, ove in essere, le autorizzaz­ioni di vendita di armi allo Stato di Israele concesse anteriorme­nte alla dichiarazi­one dello stato di guerra dell’8 ottobre 2023”, dal ministero avevano risposto: quella mozione “non aveva senso” perché già in essere. Alla mancanza di trasparenz­a, la Farnesina aggiunge ora un tassello in più: alla richiesta del Fatto all’unità per le autorizzaz­ioni dei materiali di armamento (Uama) sul tipo di armi inviate a Israele da ottobre a dicembre, l’autorità nazionale, preposta al controllo dell’export di armamenti, dice di non essere in grado di rispondere, dato che i codici dell’istat non coincidono con quelli del ministero. Ciò non toglie che l’uama non possa chiarire quanti e quali tipi di armi abbia inviato a Israele e chiarire – come da nota del ministero della Difesa – i criteri in base ai quali le ha classifica­te non in grado di “essere impiegate con ricadute sui civili a Gaza”. Ma tace.

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