Biden: “Rafah, fermatevi” Bibi non sente: “Avanti”
“L’operazione a Rafah, caro Benjamin, sarebbe un errore. Sono preoccupato per la sorte di un milione di persone. Rafah è, inoltre, un importante punto di passaggio degli aiuti e infine si trova al confine con l’egitto”. Il presidente Joe Biden si era fatto scappare qualche giorno fa che si sarebbe incontrato col premier israeliano Bibi Netanyahu, per ora si è dovuto accontentare di 45 minuti di colloquio telefonico in cui non ha nascosto la sua insofferenza per la conduzione della guerra nella Striscia di Gaza che Israele sta portando avanti trascinandosi, inevitabilmente, dietro l’immagine dell’amministrazione Usa insieme con la propria.
Il risultato concreto della telefonata intercontinentale di ieri lo ha annunciato poi il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan: “Il premier Netanyahu ha accettato la richiesta del nostro presidente di inviare una delegazione di alti funzionari israeliani a Washington per discutere i piani e un possibile approccio alternativo all’operazione a Rafah”. Per il resto, però, Netanyahu non si è scomposto più di tanto ribadendo che “Israele andrà avanti finché non avrà raggiunto tutti gli obiettivi della guerra: l’eliminazione di Hamas, il rilascio di tutti gli ostaggi e l’impegno che Gaza non rappresenterà più una minaccia per Israele”.
E proprio ieri è arrivata la conferma che sarebbe rimasto ucciso, in un raid israeliano dell’8 marzo scorso, Marwan Issa, secondo alcuni numero 2, secondo altri numero 3, ma di certo figura di rilievo delle Brigate al Qassam e membro di
GUERRA BATTAGLIA ALLO SHIFA. UCCISO IL N. 2 DI AL QASSAM
rango di Hamas. Ma è di nuovo all’ospedale Shifa di Gaza City che si è consumata una battaglia cruenta finita con “venti terroristi uccisi” – annunciano trionfanti i vertici dell’idf – e oltre 200 arresti. Secondo informazioni dell’intelligence – spiega l’esercito israeliano – operavano ancora nell’ospedale miliziani armati e si nascondevano alti dirigenti della fazione islamica. “È stata un’operazione mirata – ha annunciato l’idf – terminata con un bilancio di venti terroristi uccisi, compreso Faiq Mabhuoch, capo delle operazioni di sicurezza interna di Hamas e alto comandante della fazione islamica”. Tra gli arrestati c’è anche un giornalista di Al Jazeera di cui l’emittente qatarina ha chiesto l’immediata liberazione. Dal canto suo il ministero della Sanità di Hamas ha fatto appello alla comunità internazionale “a fermare immediatamente il massacro contro i malati, i feriti, gli sfollati e il personale medico all’interno dell’ospedale al-shifa, intrappolati in due edifici della struttura”. E ha denunciato “casi di soffocamento tra donne e bambini per un incendio”. Anche l’oms condanna: “Gli ospedali non dovrebbero mai essere campi di battaglia”.
Intanto è arrivata in Qatar una delegazione guidata dal capo del Mossad David Barnea alla vigilia di negoziati indiretti tra le parti per tregua e rilascio dei circa 130 ostaggi israeliani. A Doha, Barnea e i suoi condividerebbero lo stesso albergo dei dirigenti di Hamas, separati solo da un corridoio. La trattativa di Doha, secondo una fonte israeliana, sarà “un processo lungo e complesso”: almeno due settimane. L’ipotesi è 42 giorni di tregua in cambio di 40 ostaggi israeliani.
Al 164° giorno di guerra, la Fao ha previsto una situazione di carestia entro maggio al nord della Striscia e non è escluso che si allarghi altrove. Il direttore generale dell’unrwa, Philippe Lazzarini, ha annunciato che nella guerra sono state “distrutte oltre 150 strutture e 400 gli addetti uccisi” dell’agenzia Onu. Ma non basta, Lazzarini denuncia: “Nel giorno in cui vengono diffusi nuovi dati sulla carestia a Gaza, le autorità israeliane mi negano di entrare nella Striscia”.