Il Fatto Quotidiano

GIGLIOLA CINQUETTI RISCHIÒ DI CANTARE ALL’EUROSONG UN GLORIOSO INNO NAZISTA

- DANIELE LUTTAZZI

D’accordo, su tutti gli argomenti del mondo c’è una quantità di cose che a non saperle va bene lo stesso, anzi meglio; ma mi sembra incredibil­e che nessuno si sia mai accorto che le prime quattro note di Non ho l’età, la canzone con cui la sedicenne Gigliola Cinquetti vinse il Festival di Sanremo e l’eurovision Song Contest nel 1964 (4 milioni di copie vendute), sono le stesse prime quattro note dell’inno della Germania nazista, l’horst Wessel Lied. Fa fa mi re; identici anche la tonalità (Sib maggiore) e il tempo (4/4). Ovviamente cambia il ritmo: le prime tre note formano una terzina di crome nella canzone romantica della Cinquetti, mentre nella marcia militare nazista sono tre semiminime scandite; ma la cellula melodica è quella, così come l’accento ritmico (in entrambe cade sul re, una minima col punto). Confrontat­e gli audio (t.ly/ccod2, t.ly/e7htz) e gli spartiti (t.ly/u69rb, t.ly/hqpef ).

Il contrasto fra i contesti non potrebbe essere maggiore, e qualunque intratteni­tore da villaggio vacanze sarebbe tentato dalla parodia: i nazisti che cantano la prima frase di Non ho l’età al ritmo di marcia dell’horst Wessel Lied (“Non-ho-l’e-tà!”), oppure la Cinquetti che canta in modo sentimenta­le la prima frase dell’horst Wessel Lied (Die Fahne hoch, “In alto la bandiera”); un autore satirico, notando che Non ho l’età vinse l’eurovision in Danimarca, per molti anni un protettora­to nazista, potrebbe pure immaginare, con malizia, qualche nostalgico fra i giudici. Ma l’ironia maggiore è un’altra. Horst Wessel, l’autore del testo, era un giovane sottotenen­te delle SA (le camicie brune del partito nazista) che fu ucciso da un attivista comunista. La propaganda di Goebbels fece di Wessel un martire nazista, con funerale in pompa magna e tanto di Goering alle esequie. La tomba, un monumento in bronzo, raffigurav­a una bandiera issata, in ricordo della canzone scritta da Wessel: pubblicata sul giornale di Goebbels (Der Angriff, L’attacco), celebrava i nazisti uccisi dal "Fronte Rosso”. Goebbels commission­ò anche un film che romanzava la vita di Wessel. Gli furono dedicate strade, stazioni, ospedali, quartieri, unità militari. L’anniversar­io della sua morte diventò una ricorrenza nazista fra le più importanti. Al raduno di Norimberga del 1934 la Gioventù hitleriana cantò una canzone che diceva Nicht Christus folgen, sondern Horst Wessel! (“Non seguiamo Cristo, ma Horst Wessel!”). L’organo ufficiale del partito nazista, il Völkischer Beobachter (“L’osservator­e popolare”) definiva Wessel “eroe della Rivoluzion­e Bruna” e “la forza che guida la battaglia delle forze armate e la patria del Grande Reich”. La storia vera è diversa: quando Wessel, orfano di padre, era studente a Berlino, sua madre smise di pagargli gli studi perché contraria alle sue frequentaz­ioni naziste: così, per mantenersi, il 22enne Horst diventò il pappone di una prostituta, Erna Jänicke, con cui si fidanzò. La coppia viveva in una stanza affittata: la proprietar­ia era Elisabeth Salm, giovane vedova di un comunista. La Salm litigò con Wessel: non voleva prostitute in casa. Gli contestò anche mensilità non pagate. Visto che i due continuava­no a fare i loro comodi, la Salm chiese ai compagni di partito del marito di aiutarla a sfrattarli. Questi ingaggiaro­no Albrecht Höhler, un piccolo criminale, protettore di prostitute e membro del Kpd (Partito Comunista della Germania), appena uscito di prigione. Höhler sparò in faccia a Wessel, che venne ricoverato e morì di setticemia un mese dopo. Come non sorridere, pensando che la canzone del pappone nazista Wessel fu evocata casualment­e, 35 anni dopo, dalla canzone di una minorenne di sinistra che affermava di voler restare vergine fino al matrimonio?

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