Bilanci Con il voto in Russia la stampa perde pure la guerra della reputazione
La reputazione dei media italiani è stata devastata dalla guerra in Ucraina. La loro credibilità è stata compromessa nei decenni a venire. Per motivi di sintesi, elencherò soltanto le ultime notizie che sorreggono quest’affermazione. In primo luogo, Putin ha vinto le elezioni con l’88% dei voti con una partecipazione altissima, circa il 77%. Entrambi i dati pongono un record nella storia della Russia post-sovietica. All’inizio della guerra, i media italiani avevano assicurato o indotto a ritenere che Putin sarebbe stato rovesciato da una rivolta popolare pro-nato. Come questa rubrica aveva anticipato, la guerra in Ucraina ha aumentato i consensi di Putin giacché i russi concepiscono l’avanzata della Nato al loro confine come una minaccia esistenziale. In secondo luogo, i maggiori istituti di ricerca americani dicono che l’ucraina avrà quasi certamente finito le munizioni per la difesa aerea entro la fine di marzo. I media dominanti in Italia avevano assicurato che la Russia avrebbe perso la guerra rapidamente per esaurimento delle munizioni. Oggi i media americani rivelano che la Russia è in grado di produrre 3 milioni di munizioni all’anno mentre gli Stati Uniti e l’europa soltanto 1,2 milioni. In questo momento, l’ucraina spara 2.000 munizioni di artiglieria al giorno; la Russia 10.000. All’inizio della guerra, questa rubrica aveva fatto la seguente previsione sotto forma di regolarità empirica: “Per ogni proiettile della Nato che l’ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l’ucraina.” Così è stato.
A devastare la reputazione dell’informazione italiana, purtroppo, si aggiungono altri fatti assai incresciosi. Il primo è la guerra scatenata contro Bianca Berlinguer, rea di ospitare analisi veritiere sulla guerra ai tempi di Rai3. Gli analisti di Berlinguer sono stati assaltati e diffamati. I loro contratti di collaborazione con la
Rai sono stati strappati in base al principio introdotto da Enrico Letta e Stefano Bonaccini secondo cui i professori universitari che non ripetono la propaganda della Casa Bianca vengono licenziati o lavorano gratis. La trasmissione di Berlinguer è stata a un passo dalla chiusura perché dubitava che l’ucraina avrebbe vinto la guerra agevolmente.
Il secondo fatto è l’invenzione della categoria del “putiniano” da parte di contraria ai principi della società libera tratteggiata da Popper. Guido Crosetto e Isabella Rauti si sono circondati di analisti-propagandisti del tipo: “La Russia è finita”, salvo dare patenti di “scientificità” agli analisti seri che dicevano: “L’ucraina è spacciata”. Crosetto è un altro dei grandi sconfitti di questa guerra. La sua reputazione è a brandelli. Crosetto capisce di guerre come il Corriere della Sera capisce di economia: stiamo ancora aspettando la bancarotta della Russia mentre l’unione europea è in recessione.
Il terzo fatto è stato l’invito dei principali quotidiani ai servizi segreti di riferire al Copasir sulla vita dei professori universitari che spiegavano che la vera posta in gioco della guerra è l’ingresso dell’ucraina nella Nato, circostanza confermata anche da Stoltenberg nella sua audizione alla Commissione Affari esteri del Parlamento europeo del 7 settembre 2023. Si tratta di forme di intimidazione incompatibili con la società libera. Siamo abituati a dire che i russi sono ostaggio di Putin. Oggi scopriamo che gli italiani sono ostaggio di un sistema dell’informazione corrotto che sorregge una classe dirigente fallita.
STAMPA E TV FALLITE TUTTE LE PREVISIONI, ALLA FINE RESTANO SOLO GLI ATTACCHI AI DISSIDENTI