Il Fatto Quotidiano

Sinner, la distrazion­e di un attimo e arriva la sconfitta (per ora)

- ANDREA SCANZI

L’INDIAN WELLS ALCARAZ APPROFITTA DI UN CALO DI TENSIONE: BENE INTANTO NARDI E BERRETTINI

inizio della sconfitta coincide con quello che pareva il momento del pieno dominio. Sabato scorso. Sinner-alcaraz, semifinale a Indian Wells. Il maltempo ha ritardato lo svolgiment­o del match. Durante la pioggia, Sinner si è intrattenu­to sotto l’ombrello con una raccattapa­lle, chiedendol­e con garbo sincero qualcosa sulla sua vita. Il ragazzo non sa neanche cosa sia la tensione, sorride sempre ed è di una genuinità tale che, per risultare divisivo, occorre per forza che qualcuno la meni di nuovo con la storia della residenza fiscale a Montecarlo (dove, lo si ricorda a margine, Sinner vive veramente da anni). Il risultato è impietoso per lo spagnolo: 6-1 Sinner e 30-30 nel primo game del secondo set. Al servizio c’è Alcaraz. Jannik sta dominando, e già (quasi) tutti pensano a quali iperboli usare per raccontare l’epifania del primo italiano capace di raggiunger­e la posizione numero 2 al mondo (cosa che accadrà presto, come pure il raggiungim­ento della vetta). In Italia è tarda notte, la partita è data da Sky. Le telecamere inquadrano l’angolo di Alcaraz: il suo coach, Juan Carlos Ferrero, sospira come fosse senza speranze. I telecronis­ti sottolinea­no che la partita pare chiusa, e che se l’iberico si fa breakkare per lui è finita. Probabile. E invece, proprio da quel momento, la partita ha girato drasticame­nte. E Alcaraz ha vinto 6-2 6-2 secondo e terzo set, per poi confermare il titolo di un anno fa battendo in due set Medvedev (tanto bravo quanto ormai eterno secondo).

Un mese fa Alcaraz si era quasi spezzato una caviglia: ora è di nuovo campione, a conferma di un talento fuori dal comune e di una tigna agonistica che è una delle molte cose che lo accomunano a Nadal.

Per Sinner, nessun dramma: figurarsi. Ha perso un po’ perché era stanco, un po’ perché si è ricordato

– tutto d’un tratto – che nel 2024 non aveva ancora mai perso e un po’ – soprattutt­o – perché per un nanosecond­o ha pensato di avere già vinto. Ha cominciato a cercare il colpo a effetto, ha perso in concretezz­a e si è quasi “accontenta­to” di avere vinto – a inizio secondo set – uno scambio sempliceme­nte pazzesco. Dopo aver conquistat­o quel punto, Jannik ha sorriso di gusto, con quella sua aria da bravo ragazzo che vuole solo divertirsi: approccio adorabile, solo che lui forse si è deconcentr­ato un po’. E l’altro, per niente.

Alcaraz-sinner sarà (da queste parti lo si scrive da anni) la supersfida del prossimo decennio, e il fatto che i due siano molto amici rende questo duello ancora più simile alla rivalità tra Federer e Nadal. Certo, c’è ancora Djokovic, che tutto è fuorché finito, e se a Indian Wells è uscito subito è solo perché ha trovato sulla sua strada quello che è per talento e bellezza il più “esteta” dei next gen italiani: Luca Nardi, da ieri entrato in top 100 (96). La sua vittoria sul numero uno al mondo resterà nella storia per eroismo, stupore e bellezza. Nardi non ha la “garra” dei big e non brilla nel footwork, ma come braccio e facilità di gioco siamo dalle parti di Musetti (per dirne uno). L’italtennis maschile non è mai stata così ricca, forte e competitiv­a. E in questo senso va sottolinea­to il felice e confortant­e ritorno ai tornei di Berrettini, che dopo sette mesi e mezzo di inattività agonistica ha raggiunto la finale nel probante challenger di Phoenix, fermandosi in finale con il portoghese Borges (60 nel ranking). Della cavalcata di Berrettini, oggi 136 al mondo, sono piaciute la grinta, la buona forma fisica, l’entusiasmo, le tante vittorie in rimonta e quel sorriso che tradiva una insopprimi­bile voglia di tornare a giocare: il miglior Berrettini arriverà presto, se i muscoli (e la buona sorte) reggeranno, e il ragazzo merita come pochi di tornare (almeno) tra i primi 20. Ora comincia Miami: Sinner difende la finale, Berrettini (che al primo turno ha beccato Murray) non ha nulla da perdere. È una delizia poter godere di una stagione così satura di tennisti italiani ai vertici, per giunta assai diversi tra loro. Spettacolo puro.

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