Il Fatto Quotidiano

I pm: “La Farnesina si attivi con l’egitto perché collabori”

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Mentre Giorgia Meloni firma con il presidente egiziano Al-sisi un accordo da 7,4 miliardi per rafforzare i controlli alle frontiere e ridurre i flussi migratori verso l’italia, dalla Procura di Roma arriva l’ennesima (e inascoltat­a) richiesta di aiuto per poter “sbloccare” il processo contro i 4 agenti della National Security Agency accusati di aver torturato e ucciso Giulio Regeni. “Servirà un proficuo lavoro del ministero degli Esteri che dovrà suscitare la collaboraz­ione delle autorità egiziane. Solo la polizia egiziana, infatti, può notificare gli atti e dare il via libera per ascoltare a processo i 27 testimoni inseriti nella nostra lista e che vivono in Egitto”, ha detto il procurator­e aggiunto Sergio Colaiocco. Ieri si è tenuta l’udienza in corte d’assise, nella quale i giudici hanno stabilito che il processo andrà avanti: sono state rigettate infatti tutte le questioni pregiudizi­ali proposte dalle difese degli imputati. Nel dispositiv­o della presidente della Corte d’appello Paola Roja, letto in aula, c’è nero su bianco tutto l’orrore di quell’omicidio. I giudici parlano di un sequestro ispirato da “finalità essenziali della tortura pubblica di tipo punitivo e/o intimidato­rio”. Una “brutale e gratuita violenza fisica e di inflizione di sofferenze corporali personali che non possono che avere prodotto, per la loro imponenza, gravissimo dolore e tormento in senso stretto, in un crescendo che ha originato l’evento morte”. Ieri Colaiocco ha illustrato la lista testimoni (tra questi ci sono anche Matteo Renzi e Paolo Gentiloni). Verrà chiamato a testimonia­re anche il presidente egiziano.

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