Accessi abusivi, Laudati non va dai pm: “Mai fatti dossier. Controllava il capo della Dna”
Antonio Laudati, il sostituto procuratore antimafia indagato a Perugia per accesso abusivo ai sistemi informatici con il finanziere Pasquale Striano, non si presenta davanti ai magistrati che lo avevano convocato per l’interrogatorio. Non lo fa, spiega in una nota, perché “dopo la massiccia diffusione di notizie coperte dal segreto, ritengo che non sussistano, al momento, le condizioni per lo svolgimento dell’interrogatorio per esercitare il diritto di difesa e per fornire un contributo alla ricostruzione dei fatti”. Nella nota, Laudati ribadisce: “Mai effettuato accessi a sistemi informativi”; “mai avuto alcun rapporto, neppure di conoscenza, con i giornalisti che risultano indagati” (il riferimento è ai tre cronisti del quotidiano Domani indagati per concorso in accesso abusivo e ai quali per i pm Striano, non Laudati, avrebbe spedito atti); “mai costruito dossier per spiare o ricattare politici o personaggi famosi”. Il procuratore è accusato di accesso abusivo, falso in atto pubblico e abuso d’ufficio. Una delle contestazioni, ad esempio, riguarda il dossier pre-investigativo sul cosiddetto “caso Gravina”, il presidente della Figc. Per i pm, Laudati e Striano avrebbero mentito sull’innesco di quell’attività dicendo che nasceva da informazioni della Procura di Salerno, quando – secondo l’accusa – la fonte erano le “informazioni ottenute da Emanuele Floridi”. In ogni modo quel dossier è stato inviato alla Procura di Roma che ora sta indagando sul presidente Figc per altre vicende. “Nei casi contestati nell’invito a comparire – è la nota di Laudati –, mi sono limitato a delegare al gruppo Sos della Dna approfondimenti investigativi, in piena conformità alle leggi, alle disposizioni di servizio e sotto il pieno controllo del procuratore nazionale antimafia”. A chi si riferisce? All’ex capo della Dna, Cafiero de Raho ora senatore M5S, o all’attuale Giovanni Melillo, entrambi completamente estranei alle indagini? Sul significato dell’affermazione di Laudati, il suo avvocato, Andrea Castaldo, spiega: “Il procuratore capo conosce nel senso che è il momento terminale di una serie d’attività d’impulso che poi vengono trasmesse alle procure competenti”. In ogni caso, sottolinea ancora Laudati nella nota, “tutti gli accertamenti erano determinati da esigenze investigative, nell’esclusivo interesse dell’ufficio”. E infine, Laudati mette le mani avanti anche su Striano: “Non rientrava tra i miei compiti quello di controllare il personale di polizia aggregato alla Dna, né di verificare gli accessi alla banca dati”.