La rete veloce va pianissimo: a rischio pure 2 miliardi del Pnrr
La Corte dei Conti: i lavori per portare la fibra nelle aree “svantaggiate” sono conclusi al 54%, dovevano finire 4 anni fa...
L’Internet veloce va lentissima e non è una novità: la notizia è che ieri anche la Corte dei Conti ha certificato il ritardo inaudito nella posa della fibra nelle aree svantaggiate, evidenziando “significative carenze nella complessiva programmazione finanziaria e delle attività”. Non che sia una novità: Open Fiber, che ha vinto le gare in tutte le “aree bianche” (quelle a fallimento di mercato), doveva finire i lavori in gran parte tra aprile e novembre 2020 (più una quota residua ad aprile 2022) ma è ancora ben lontana dall’obiettivo.
Il problema vero, però, sono le “aree grigie” (a parziale fallimento di mercato), finanziate con quasi 2 miliardi del Pnrr che l’italia rischia di perdere perché anche lì, nei suoi 8 lotti, OF è in enorme ritardo (un po’ meno Tim, che di lotti se n’è aggiudicati 7): proprio in questi giorni il governo deve decidere se dare una mano con soldi e norme di favore alla malmessa società della rete, oggi in mano a Cdp (60%) e al fondo australiano Macquarie (40%).
Ricominciamo da capo e, precisamente, dalla Strategia Bul (Banda Ultralarga), una cosa che risale al 2015 e aveva l’obiettivo di portare la Rete veloce agli italiani. Il Paese fu diviso in aree: quelle “nere” erano abbastanza ricche da attirare gli investimenti privati, a quelle “bianche” doveva pensare lo Stato e in quelle “grigie” dare una mano. Le aree bianche furono assegnate in tre lotti tra il 2017 (i primi due) e il 2019 (Calabria, Sicilia e Sardegna) per un totale di oltre 7.400 Comuni interessati alla rete fisica (Ftth) o wireless (Fwa): se li aggiudicò tutti grazie a un ribasso medio del 43% Open Fiber, la società che Matteo Renzi impose di creare all’enel di Francesco Starace per fare concorrenza a Tim sulla Rete. Una delle peggiori idee di un governo che ne ebbe di pessime.
A 9 anni dall’avvio del Piano Bul, a 7 anni dall’assegnazione di gran parte dei lavori e a 4 dalla conclusione prevista, la situazione è questa: a fine 2023 “risultavano coperte in Ftth circa 3,4 milioni di unità immobiliari (54% del target finale) e 18.616 sedi di PA e aree industriali (62% del target finale)”, scrive la Corte dei Conti, che aggiunge che un altro 7% delle case da cablare è “in fase di collaudo” e un altro 36% “in lavorazione”. Il 3% circa, pare incredibile, è ancora “in fase di progettazione”. Ancor peggio va alle connessioni Fwa: “20% del target finale” (ma il dato potrebbe essere sottostimato). OF ha promesso di finire tutto entro settembre: obiettivo difficile se si pensa che “in Liguria il tasso di avanzamento è fermo al 25%”, mentre in Emilia-romagna, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna e Valle d’aosta non si supera il 50%”. La cosa peggiore è che, pure dove c’è, la rete ultra-veloce non attira clienti: a fine gennaio i 243 operatori che operavano sull’infrastruttura nelle aree bianche si dividevano la miseria di 254mila linee attive. In sostanza, Open Fiber anni fa ha vinto gare per cantieri da 1,6 miliardi (dopo il ribasso del 43%), ha già fatto lavori per 2,2 miliardi abbondanti e oggi perde ogni volta che fa un buco per terra.
Un disastro che viene già bissato nelle “aree grigie” con in più la beffa che l’italia rischia di perdere gli 1,8 miliardi del Piano di ripresa stanziati a questo fine: bisogna chiudere entro giugno 2026, ma i ritardi sono già enormi. Non è un caso che di recente le riunioni sul tema tra governo e imprese interessate si siano sprecate.
Open Fiber – i cui bilanci sanguinano e che ha faticosi rapporti con le banche – chiede a Meloni e soci due cose: il “rimborso” di maggiori costi nelle aree bianche per 800 milioni e di
Il vero problema A rilento pure le “aree grigie”, finanziate con soldi Ue: il governo adesso sarà costretto ad aiutare Open Fiber
modificare (tagliandoli) i lavori previsti in quelle grigie. L’esecutivo pare disposto al compromesso: passata in secondo piano la possibilità di girare a Tim alcuni lotti di OF, al Tesoro cercano coperture per 650 milioni per adeguare il Piano economico-finanziario delle aree bianche e Palazzo Chigi lavora a un emendamento al decreto Pnrr che renda meno lunghi e dispendiosi i lavori in quelle grigie (Open Fiber sostiene, dopo un’analisi tecnica, che dovrà posare 80 mila km di fibra e non i 60 mila previsti).
Sarebbe una boccata d’ossigeno per la società di Cdp e Macquarie, che resta candidata a sciogliersi nella futura Netco una volta che il fondo americano Kkr avrà comprato la rete di Tim (la fusione, peraltro, alzerebbe il prezzo di vendita): un kamasutra tra malati in cui si rischia che alla fine godano solo gli avvoltoi.