GLI UOMINI ROBOT, IL PERICOLO MUSK
UNA NOTIZIA
che avrebbe dovuto deflagrare è rimasta quasi silente. Eppure si tratta della nostra vita nel futuro molto prossimo, una vera rivoluzione dell’umanità, o meglio, la disumanizzazione. Ci riferiamo a ciò che sta realizzando Elon Musk, imprenditore con un patrimonio stimato di 205,2 miliardi di dollari. Il suo sogno dichiarato è migliorare il mondo e l’umanità. Il problema cruciale è costituito dalle modalità con le quali intende raggiungerlo e quale, per lui, è un mondo migliore. A parte il progetto avveniristico che, a suo dire, dovrebbe ridurre il rischio dell’estinzione umana o di catastrofi naturali stabilendo una colonia umana su Marte, il più ambizioso e terrificante progetto è Neuralink, una startup di neurotecnologie, ancora nelle prime fasi di sviluppo, incentrata sullo sviluppo di interfacce neurali, per collegare il cervello umano con l’intelligenza artificiale. Questi dispositivi potrebbero essere impiegati in alcune malattie neurologiche, migliorare la memoria ma anche consentire l’interfacciamento più diretto con i dispositivi informatici. Sebbene gli studi siano cominciati da poco tempo, i risultati sono avanzati, tanto che il 28 gennaio scorso, Musk ha annunciato che Neuralink ha installato nel cervello di un essere umano il suo primo chip, chiamato Telepathy. È la nascita di un vero e proprio uomo robotizzato. È quello che vogliamo? Si può parlare di miglioramento dell’umanità? È indubbio che si tratti del più pericoloso ritrovato scientifico mai realizzato. Chi assicura che verranno utilizzati esclusivamente chip con fini “benefici”, per curare malattie neurologiche? Il chip, costruito secondo precisi scopi, si collega a un computer, dove con l’intelligenza artificiale – a sua volta costituita secondo i voleri e gli obiettivi dei suoi produttori – riesce a ottenere le azioni eseguite dall’uomo-robot. Se il tutto non fosse già abbastanza grave, bisogna aggiungere che Musk è proprietario sia di IA che di Neuralink e diventerebbe l’unico gestore dell’umanità. Purtroppo siamo ormai rassegnati che la vittoria nella nostra società non è dei saggi, ma dei ricchi.