Meloni: “Su Kiev decido io” Ma Salvini le dà buca in aula
La premier è furiosa con il leghista per le frasi sul voto russo Tajani parla di eurobond per finanziare la difesa Ue
Il primo contatto è di metà mattina. Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sentono al telefono. La premier deve dargli la prima stoccata del giorno obbligandolo a non modificare il Codice della strada al voto alla Camera che il leghista vorrebbe cambiare su richiesta dei tassisti. Poche ore dopo, la premier è al Senato. Deve fare le comunicazioni alla vigilia del Consiglio europeo. Ma il vicepremier leghista non c’è. Lo aspettano tutti dopo le sue parole sulle elezioni in Russia (“il popolo ha sempre ragione”) che hanno messo in difficoltà Palazzo Chigi nel bel mezzo del G7. Ma lui in aula non è presente. Troppo imbarazzante mostrarsi insieme con tesi così distanti sulla politica estera. Al fianco della premier ci sono Antonio Tajani e il ministro dell’interno Matteo Piantedosi, nessun altro leghista. Giancarlo Giorgetti è in aula ma diserta i banchi del governo. Eppure Salvini non ha alcun appuntamento fissato in agenda. Alla convocazione di Palazzo Chigi il suo ufficio non aveva risposto, per poi avvertire sulla sua assenza a pochi minuti dalle comunicazioni. Preferisce prima presiedere la cabina di regia sull’emergenza idrica e nel pomeriggio fare una serie di incontri al ministero delle Infrastrutture su taxi, balneari, Brennero inviando note e comunicati sui dossier del suo dicastero. Tutto questo mentre al Senato Meloni parla cercando di confermare ancora una volta il suo atlantismo. “Avrà avuto un altro impegno”, dice tra il serio e il faceto il capogruppo Massimiliano Romeo.
PRIMA DI INIZIARE
a parlare, la premier si concede un caffè con il padrone di casa, Ignazio La Russa, a cui anticipa brevemente i contenuti del suo discorso. La premier entra in aula, ma non può rompere apertamente con l’alleato. Se lo facesse probabilmente aprirebbe una crisi. Preferisce spiegare che sulla politica estera decide lei e non Salvini: “Credo non ci sia nulla più della linea politica che un governo vota in aula e rappresenta all’estero senza tentennamenti che rappresenti la compattezza di una maggioranza”, dice Meloni in fase di replica, aggiungendo che l’esecutivo è “compatto” per poi attaccare il Pd che si è astenuto sull’invio di armi a Kiev.
Nel resto del discorso la premier prende le distanze dall’ipotesi di Emmanuel Macron di mandare truppe in Ucraina: “Si rischia una pericolosa escalation”, aggiunge. Una posizione che, infatti, viene subito condivisa dalla Lega che in una nota fa sapere di essere in “piena sintonia” con la premier sul pericolo di escalation”, linea che “la Lega ha sempre auspicato”. Durante la discussione si fa notare anche il senatore meloniano Roberto Menia che, descrivendo Macron, parla in maniera sgradevole di “pruriti muscolari di uno che si dimostra sempre piuttosto femmineo”. Meloni non può del tutto prendere le distanze da Salvini anche sul voto in Russia: tant’è che si ferma a condannare le elezioni “farsa” ma solo nei territori occupati, linea condivisa dall’unione europea. Anche sulla morte di Alexej Navalny la premier, diversamente da Salvini, dice che “il suo sacrificio per la libertà non sarà mai dimenticato”. Nel resto dell’intervento difende le posizioni del governo sulla guerra a Gaza e sulle alleanze internazionali, respingendo le ac
Discorsi Giorgia critica l’escalation, Menia (FDI) al leader francese: “Femmineo, ora mostra muscoli”
cuse di aver stretto accordi con l’egitto perché “su Giulio Regeni noi abbiamo sempre chiesto la verità”.
La replica alle opposizioni invece è, come spesso accade, piena di risentimento. Accusa Conte di aver “criticato i vestiti di Zelensky, ma non si governa con la pochette” e spiegando al dem Filippo Sensi che “bisogna parlare con tutti, anche con Viktor Orban, per fare gli interessi dell’italia”. La risoluzione della maggioranza per chiedere di sostenere l’ucraina “finché sarà necessario” viene approvata con 110 sì, mentre le opposizioni si dividono ancora una volta: il Pd che chiede un maggiore sforzo diplomatico per Kiev pur continuando a inviare armi, mentre il M5S di escludere l’invio di truppe. Risoluzioni accolte dal governo per parti separate. In serata poi Tajani apre agli eurobond per la Difesa europea.