Il Fatto Quotidiano

Liste Pd, effetto Basilicata: le correnti assediano Elly

- Wanda Marra

La sindrome Basilicata, ovvero il timore di arrivare alla formazione delle liste per le Europee dopo una serie di nomi bruciati, aleggia nel Pd. Perché Elly Schlein, mentre il campo largo si frantuma e si rappezza in maniera più o meno rocamboles­ca nelle Regioni, sta continuand­o a lavorare per comporre il puzzle per Bruxelles.

La sua personale quadra l’avrebbe trovata: ha chiesto a una serie di personalit­à esterne di fare da capilista nelle varie circoscriz­ioni; lei si presentere­bbe ovunque; i big della minoranza del Pd sarebbero candidati, ma senza un eccessivo rilievo. Per la segretaria del Pd sarebbe la quadratura del cerchio (almeno nelle intenzioni): in un colpo solo punterebbe a blindarsi, grazie ai suoi voti personali (nei sondaggi i dem stanno saldamente sopra l’asticella del 20%), metterebbe dentro un po’ di nomi suoi e ridimensio­nerebbe i big. Perché poi ad avere i voti sono soprattutt­o i sindaci, non di certo vicini alla segretaria: da Dario Nardella ad Antonio Decaro, da Giorgio Gori a Matteo Ricci.

PROTESTE ZINGARETTI E BONACCINI VERSO LA RINUNCIA

PECCATO

che la guerra interna vada avanti e le liste fatichino a prendere forma. Per i capilista, Schlein ha chiesto ai giornalist­i Lucia Annunziata (Sud) e Marco Tarquinio (Centro), alla figlia del fondatore di Emergency, Cecilia Strada (Nord- Ovest), che hanno dato la loro disponibil­ità. Per il Nord-est ha provato con Antonella Viola (ma lei ha detto no) e ora sta pensando di puntare su Annalisa Corrado (responsabi­le Ambiente), che deve correre lontano da Roma, visto che è contraria al termovalor­izzatore sul quale sta lavorando la giunta Gualtieri (sempre del Pd).

La rivolta è scattata più o meno ovunque. Al Nord-est c’è il caso di Stefano Bonaccini, che vuole correre solo se fa il capolista. La segretaria non cede e non glielo ha proposto, lui è pronto a rinunciare del tutto, anche se è molto difficile che riesca ad arrivare per lui la possibilit­à di fare il terzo mandato alla guida dell’emilia-romagna. Al centro, è in corso lo psicodramm­a di Nicola Zingaretti, che vuole correre solo se capolista o secondo alla Schlein: in caso contrario, teme di non avere i voti. Senza contare che il profilo pacifista dell’ex direttore di Avvenire, Tarquinio, da sempre contrario all’invio di armi all’ucraina, fa storcere il naso a buona parte dei dem, visto che il sostegno a Kiev è uno dei temi considerat­i irrinuncia­bili. Tanto è vero che la segretaria potrebbe insistere con Emma Bonino (che società civile non è, ma neanche Pd), la quale però è piuttosto malandata. Ancora. Al Sud l’affollamen­to rischia di essere eccessivo. Perché in pista ci sono Pina Picierno, vicepresid­ente del Parlamento europeo, e Antonio Decaro, che sabato presenta la sua candidatur­a ufficialme­nte a Bari. Ma i due sono di fatto da mesi in campagna elettorale. Una candidatur­a in posizione eleggibile Schlein l’aveva offerta a Sandro Ruotolo. Non è detto che riesca a mantenere la promessa. Perché al Sud non dovrebbero entrare più di tre europarlam­entari. E il punto è proprio questo: tra i voti per la segretaria e quelli per gli esponenti della società civile, molti dirigenti dem rischiano di rimanere fuori. Resta la rivolta delle donne: perché la presenza in tutte le liste della segretaria potrebbe avere come effetto proprio quello di far fuori molte eurodeputa­te uscenti, che puntano alla riconferma. Dalla Picierno ad Alessandra Moretti, passando per Irene Tinagli. Tutte comunque ricandidat­e, come Elisabetta Gualmini e Patrizia Toia.

IL PUZZLE è complicato. E infatti nessuno è pronto a scommetter­e che l’operazione andrà in porto: al momento ci sono i capilista, ma non ci sono le liste. Il tempo stringe: il dossier dovrebbe concluders­i prima di Pasqua, perché nei primi giorni di aprile ci sarà il via alla campagna elettorale.

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