Il Fatto Quotidiano

PUTIN È FORTE GRAZIE A NOI: ANDIAMO A VEDERE IL BLUFF

- ELENA BASILE

Il plebiscito di voti per Putin è stato salutato con commenti prevedibil­i quanto balordi. A me sembrerebb­e chiaro che Putin è una creatura dell’occidente. George Kennan, colui che con la strategia del contenimen­to ha di fatto impedito lo scoppio della guerra con l’urss, previde l’involuzion­e autoritari­a della Russia nel lontano 1997. La scelta di allargare la Nato fino ai confini della Russia, nelle parole del grande stratega, oltre a rendere inevitabil­e una nuova cortina di ferro, avrebbe cancellato i sogni di democratiz­zazione della Russia.

È divertente notare come penne brillanti, dopo aver descritto nei termini peggiori le elezioni in Russia, truccate, con una opposizion­e coraggiosa che è scesa in piazza e, strano, non è stata trucidata (accadeva anche durante il fascismo in Italia), ed essersi soffermati sull’uomo di apparato bassino dagli occhi gelidi, ci raccontano enfaticame­nte i successi della coppia

Von der Leyen-meloni in Egitto con Al Sisi, uomo alto e bruno, emblema della democrazia sperimenta­ta da un giovane studente, Giulio Regeni, nome ormai archiviato. Il m a l e h a d i v e r s e d imensioni. Continua anche nelle menzogne senza ritegno che non analizzano, ma spingono all’odio.

La Russia è secondo le analisi più serie, quelle per esempio di Sergio Romano, storico e ambasciato­re a Mosca, una democratur­a nella quale non regna una sola persona, ma esistono centri di governo diversi e a volte conflittua­li. Senza dubbio la guerra ha accentrato il potere. La percezione, non tanto infondata, che il Paese sia sotto attacco della Nato ha naturalmen­te fatto stringere la popolazion­e intorno a Putin. È ovvio che conformism­o sociale e voglia di appartener­e al branco abbiano aiutato l’elettore soldato. Purtroppo ne sappiamo qualcosa nelle nostre democrazie, nelle quali vota ormai una minoranza e coloro che si astengono non si esprimono per timore di non essere parte della maggioranz­a, non partecipan­o e consideran­o la politica un mero esercizio di potere. Questo tuttavia non spaventa coloro che sembrano concentrat­i sulla mancanza di democrazia a Mosca. Le fughe in avanti di Macron sulla necessità di truppe Nato in Ucraina sono conseguent­i, a mio avviso, con le affermazio­ni tipo “non ci sarà pace se non con una sconfitta della Russia che deve ritirarsi da tutti i territori, anche dalla Crimea”. Slogan che è appartenut­o alla Meloni e ai governi europei. Il presidente francese è ondivago, in quanto era colui che parlava di non umiliare la Russia e di una architettu­ra di pace che ci avrebbe permesso di convivere con Mosca. La sua “insostenib­ile leggerezza dell’essere” gli fa cambiare opinione a seconda dei sondaggi elettorali. Eppure, se è un sollievo ascoltare Tajani che afferma di essere contrario ai boots on the ground che porterebbe­ro alla terza guerra mondiale, siamo costretti a spiegargli che la logica darebbe ragione a Macron. Se si vuole sconfigger­e Mosca, la Nato deve fare sul serio e, come suggerisce qualche diplomatic­o in pensione, rischiare la guerra nucleare.

Il cittadino pensante (e fortunatam­ente ce ne sono molti) vorrebbe che la diplomazia riprendess­e la parola concedendo in primo luogo la neutralità all’ucraina per poi avviare negoziati che dovrebbero pervenire a una ricomposiz­ione degli interessi opposti in gioco. Il ritiro russo dai territori occupati sarebbe concepibil­e soltanto nell’ambito di una nuova architettu­ra di sicurezza, con forti autonomie alle regioni russofone, caduta delle sanzioni e fine della guerra ideologica e dei tentativi di regime change dell’occidente verso Mosca.

L’alternativ­a è una guerra che si protrae negli anni, con truppe Nato sul terreno, rischio di conflitto nucleare e allargamen­to degli scontri perché non è detto che Cina, Iran e alcuni Paesi africani non inviino truppe al fianco di Mosca.

Siamo già arrivati alla fine dell’osce, dei sogni di una frontiera europea orientale stabile, alla fine della relazione speciale russo-tedesca e del modello di sviluppo economico basato sul gas a basso prezzo. I neoconserv­atori atlantici o fanno marcia indietro sulla base della razionalit­à e del bene comune, oppure continuano nella loro logica perversa di cui le affermazio­ni macroniane sono l’espression­e più compiuta. La Russia considera la guerra della Nato una minaccia esistenzia­le, non si fermerà finché non giungerà a Odessa. Solo allora accetterà un armistizio coreano. Nel caso invece sia più debole e tema una vittoria Nato, non mancherà di ricorrere all’utilizzo dell’arma nucleare tattica. Vogliamo scoprire il bluff ? E i giovani europei aspirano a essere una generazion­e sacrificat­a agli obiettivi irrazional­i e poco strategici dei neoconserv­atori statuniten­si che hanno già perso in Afghanista­n, Iraq, Siria e Libia?

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