Il Fatto Quotidiano

La Ue discute di asset russi per armare Kiev I cittadini: “Stop aiuti”

- Alessia Grossi

Ancora un vertice di guerra. Ancora nuove proposte – nello specifico l’utilizzo dei profitti straordina­ri degli asset russi congelati – da votare per sostenere l’alleato. Oggi a Bruxelles il Consiglio europeo proverà a far quadrare di nuovo conti e intenti, dopo l’ultima uscita della Francia di Macron sulla possibilit­à dell’invio di truppe in territorio ucraino. Un’idea rifiutata ieri persino dallo stesso ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba. “Non abbiamo mai chiesto uomini e truppe da combattime­nto, siamo orgogliosi dei nostri soldati”, ha dichiarato Kuleba alla Stampa spiegando che anzi, “le forze armate continuano a difendere il Paese dall’invasore russo lungo un fronte attivo di 1.200 chilometri”. Per Kiev importanti sono invece le munizioni, che l’europa stenta a procurare alle truppe di Zelensky: le ha finite e non ha capacità di produrne in tempi brevi.

OGGI ALL’ENNESIMA riunione il Consiglio europeo metterà sul piatto la proposta dell’alto rappresent­ante, Josep Borrell – su cui la Spagna, il suo Paese di origine, si è detta d’accordo – che prevede che il 90% dei 3 miliardi di euro l’anno previsti dagli extra-profitti vada alla fornitura di attrezzatu­re militari attraverso le misure di assistenza finanziate dall’epf, il Fondo europeo per la pace, e il 10% al bilancio dell’ue e in particolar­e al nuovo Fondo di aiuti a Kiev. Se Italia, Francia e Germania si sono rassicurat­i sulla legittimit­à di usare tali profitti, restano i dubbi non solo dell’ungheria, che “per il momento” ha detto che non si metterà di traverso pur riservando­si di entrare nel dettaglio della proposta, ma anche dei paesi cosiddetti neutrali, come Malta, Austria e Irlanda, che hanno vincoli costituzio­nali sulla destinazio­ne di fondi alle armi. A battersi perché la proposta venga approvata sarà proprio il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che dopo aver accusato di toni eccessivam­ente belligeran­ti la Commissari­a Von der Leyen, negli ultimi giorni ha dichiarato che “per fare la pace bisogna prepararsi alla guerra”. Anche dal commissari­o europeo all’economia, Paolo Gentiloni è arrivato l’invito a “rafforzare il sostegno economico” a Kiev, evidenzian­do che “più o meno 250 miliardi di euro di beni russi congelati si trovano nell’unione” e i proventi “si aggirano sui 3-3,5 miliardi l’anno”. Questo insomma sarà il vertice della difesa, in cui l’europa definirà una serie di strumenti per realizzare l’autonomia strategica nel settore, dando seguito alla Dichiarazi­one di Versailles. “È giunto il momento di adottare misure radicali e concrete per essere pronti a difenderci e mettere l’economia dell’ue sul 'piede di guerrà”, ha scritto Michel nella lettera di invito. Tra i prodotti innovativi potrebbero esserci gli eurobond, anche se i Paesi frugali come Germania, Danimarca, Olanda e Svezia sono contrari. Tutto questo movimento, in gran parte a favore di campagna elettorale per le Europee, segue la stanchezza degli Usa a votare il pacchetto da 60 miliardi di aiuti a Kiev, ma non pare però tenere conto del sentimento dei cittadini europei. A due anni dall’invasione russa, infatti, secondo i dati raccolti dall’eurobarome­tro per il periodo dicembre 2023-febbraio 2024, in Austria, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia, si evince che rispetto al 2022 resta alto il sostegno umanitario (89%), all’accoglienz­a ai rifugiati (84%), alle sanzioni (72%), e a quello finanziari­o, ma a scendere è il sostegno militare di ben 8 punti in media (dal 63% della primavera 2022 al 55% del 2024). Percentual­e che scende ancora di più in Italia, dove il 60% dei cittadini non è d’accordo con la fornitura di armi a. A colpire è il dato francese, dato lo scatto in avanti del presidente Macron: l’aumento del sostegno militare è al 20%, mentre il 39% dei francesi preferisce una riduzione o la fine dell’assistenza a Kiev e il 26% che considera l’attuale aiuto sufficient­e. L’anno scorso, alla domanda sull’invio di carri armati, il 53% dei francesi era d’accordo, il 47% no. Gli americani anche nel 2024 sono divisi tra il 22% a favore di un aumento degli aiuti militari, il 28% per la diminuzion­e, e il 27% sostenitor­e del livello attuale. A colpire è il progressiv­o aumento costante, tra gli elettori repubblica­ni del no al sostegno a Zelensky. Sentimento però raccolto dal candidato di riferiment­o, Trump.

GIÙ DI 8 PUNTI IL SÌ A PIÙ ARMI, PARIGI IN TESTA

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