Per crescere Poste punta sulla finanza, ma spremerà sempre più i dipendenti
Un progetto nel quale la finanza fa la parte del leone, sia sul fronte della crescita sia come strumento di remunerazione degli azionisti, vecchi e nuovi. È la prospettiva di Poste Italiane da qui al 2028 secondo il piano strategico presentato ieri dall’amministratore delegato, Matteo Del Fante, per invogliare coloro ai quali, nelle intenzioni del governo Meloni, nei prossimi mesi saranno offerte le azioni messe in vendita nella nuova tranche di privatizzazione. A fine piano, nel 2028, la società vuole raggiungere ricavi a 13,5 miliardi (+3% l’anno), margine operativo di 3,2 miliardi (+4% annuo), utile netto di 2,3 miliardi (+4% l’anno), “anche grazie a un’attenta razionalizzazione dei costi”. In cinque anni gli azionisti dovrebbero ricevere dividendi cumulati per 6,5 miliardi e una percentuale dei dividendi pagati sugli utili del 65%, +7% in ognuno dei cinque anni di durata del piano.
QUALI SARANNO
le ricadute del piano sui dipendenti di Poste e soprattutto sui clienti è chiaro e si può capire dal fatto che gli obiettivi di Bancoposta, la vera macchina da utili del gruppo, sono estremamente sfidanti. Sul fronte degli obiettivi finanziari, le sfide del piano sono comunque da far tremare le vene e i polsi: da fine 2023 al 2028 i risparmi investiti dai clienti crescono del 7% a 624 miliardi da 581, +43 miliardi. Questo richiederà a ciascun dipendente di aumentare il proprio valore aggiunto annuale da 81 mila a 102 mila euro, quasi +26% in cinque anni. Ad esempio, i prestiti erogati dovrebbero crescere da 3,3 a 4,3 miliardi l’anno, +30% nel quinquennio. Il tutto tramite il consolidamento delle partnership commerciali con Compass, Deutsche Bank, Findomestic e Santander sui prestiti personali, nelle cessioni del quinto con Financit e Unicredit, nei mutui con Intesa Sanpaolo e Deutsche Bank.
Per inseguire i suoi piani, Bancoposta potrebbe imboccare la scorciatoia delle pressioni commerciali, la “spremitura” dei dipendenti destinati a piazzare strumenti finanziari come conti, carte, prestiti, titoli, buoni e obbligazioni in un vortice finalizzato a raggiungere budget sempre più alti, a volte irrealizzabili, in tempi ristretti. Non sarebbe la prima volta: questi problemi nella rete commerciale di Bancoposta sono stati già evidenziati dal Sole 24
Ore nel 2011, poi ancora nel 2014, 2015 e 2018. Tensioni e insofferenze sono segnalate anche oggi dai dipendenti specializzati nella consulenza finanziaria alla clientela. Certo non sono un problema esclusivo di Bancoposta, ma una tensione costante alla vendita purchessia della quale il sistema bancario e finanziario soffre da decenni, nonostante accordi sindacali e norme a tutela di dipendenti e clientela.
Problemi ai quali il piano strategico di Poste Italiane promette di porre rimedio con un “nuovo modello di servizio commerciale che massimizza il valore della nostra piattaforma: copertura dei clienti ottimizzata e supportata da soluzioni digitali”. Poste prevede poi “continui investimenti in formazione e sviluppo, iniziative di diversità e inclusione per promuovere la partecipazione delle persone e l’innovazione”.
Quanto alle pressioni commerciali, Poste segnala che la tematica è stata affrontata in modo approfondito con i sindacati che hanno firmato il contratto generale di categoria e ha portato a firmare un protocollo d’intesa in materia di proposizione commerciale. Inoltre l’azienda spiega che nel 2023 ha erogato ai propri consulenti finanziari 1,37 milioni di ore di formazione, facendo gestire i prodotti finanziari e assicurativi da personale qualificato e abilitato mediante un percorso formativo per l’immissione al ruolo con programmi di aggiornamento delle competenze, sia normative che tecniche, in linea con le norme in particolare sulla tutela del consumatore. Competenze che vengono mappate con test periodici il cui mancato superamento non consente il pieno esercizio dell’attività. Ma le strade dei piani, si sa, sono lastricate di buone intenzioni.
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