Il Fatto Quotidiano

Il governo non ha riformato il fisco

- ANDREA BUCCI

“Non dirò mai che le tasse sono bellissime”, disse la signora Meloni. Ha fatto bene a puntualizz­are questo concetto importanti­ssimo: l’ultimo che disse che erano bellissime è morto poco dopo, evidenteme­nte la frase porta sfiga a chi la pronuncia. Premesso che il sistema tributario italiano non è in alcun modo riformabil­e e che andrebbe azzerato e riscritto da zero, le innovazion­i che sono state appena introdotte non portano nulla di nuovo se non la disperazio­ne di chi non sa più come riuscire a far pagare le tasse in Italia, anche grazie al cattivo esempio delle grandi imprese, anche a partecipaz­ione statale, che spostano le sedi legali ovunque. La constatazi­one che il loro pagamento dilazionat­o fino a 10 anni dimostra come si voglia spostare anche ai privati il modus operandi da sempre in vigore nelle pubbliche finanze: spendere senza problemi e lasciare il debito a chi viene dopo, senza minimament­e pensare che questo innesca la spirale del debito perpetuo e inestingui­bile anche a livello di singolo individuo e di famiglie. Non si è mai affrontato il problema alla radice, e neppure questo governo pare se ne stia occupando: gli sprechi e le inefficien­ze nella Pubblica amministra­zione ci costano almeno 225 miliardi l’anno, escludendo il problema della corruzione risolvibil­e con alcuni semplici accorgimen­ti. Non è una manovra che cambia il numero delle rate che fa considerar­e il fisco amico, quando questo porta via nei casi peggiori anche l’80% del reddito prodotto, non è questo allungamen­to dei termini che fa dimenticar­e che il sistema è congegnato per mantenere costante il livello di terrore nei sudditi.

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