Il governo non ha riformato il fisco
“Non dirò mai che le tasse sono bellissime”, disse la signora Meloni. Ha fatto bene a puntualizzare questo concetto importantissimo: l’ultimo che disse che erano bellissime è morto poco dopo, evidentemente la frase porta sfiga a chi la pronuncia. Premesso che il sistema tributario italiano non è in alcun modo riformabile e che andrebbe azzerato e riscritto da zero, le innovazioni che sono state appena introdotte non portano nulla di nuovo se non la disperazione di chi non sa più come riuscire a far pagare le tasse in Italia, anche grazie al cattivo esempio delle grandi imprese, anche a partecipazione statale, che spostano le sedi legali ovunque. La constatazione che il loro pagamento dilazionato fino a 10 anni dimostra come si voglia spostare anche ai privati il modus operandi da sempre in vigore nelle pubbliche finanze: spendere senza problemi e lasciare il debito a chi viene dopo, senza minimamente pensare che questo innesca la spirale del debito perpetuo e inestinguibile anche a livello di singolo individuo e di famiglie. Non si è mai affrontato il problema alla radice, e neppure questo governo pare se ne stia occupando: gli sprechi e le inefficienze nella Pubblica amministrazione ci costano almeno 225 miliardi l’anno, escludendo il problema della corruzione risolvibile con alcuni semplici accorgimenti. Non è una manovra che cambia il numero delle rate che fa considerare il fisco amico, quando questo porta via nei casi peggiori anche l’80% del reddito prodotto, non è questo allungamento dei termini che fa dimenticare che il sistema è congegnato per mantenere costante il livello di terrore nei sudditi.