Inchiesta stragi: quattro ipotesi per il dopo Tescaroli a Firenze
Sono rimasti due mesi. Il procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli, che da qualche anno segue le indagini sui cosiddetti mandanti esterni (in ipotesi Silvio Berlusconi e Marcello Dell’utri) delle stragi di mafia del 1993 a Milano e Firenze e delle bombe del 1993-94 a Roma, è stato nominato procuratore capo di Prato dal Csm. Dopo le firme del ministro Nordio e del presidente Mattarella ci sarà la pubblicazione ufficiale e da quel momento per Tescaroli ogni giorno sarà buono per prendere servizio a Prato.
IL FASCICOLO STRAGI
resterà sulle spalle dell’altro aggiunto, Luca Turco che però dovrebbe andare in pensione a fine anno. Il termine dei due anni per le indagini del fascicolo numero 16.249 del 2022 a quel punto sarà scaduto e la scelta sul destino del sopravvissuto Marcello Dell’utri ricadrebbe sul sostituto Lorenzo Gestri, in Dna dal novembre 2022.
Quali sono le ipotesi possibili? I pm potrebbero valutare di avere raccolto elementi sufficienti per depositare l’avviso di chiusura indagine contro Dell’utri (che nella gran parte dei casi prelude alla richiesta di rinvio a giudizio) sia per il reato di concorso nelle stragi del 1993 sia per quello meno grave di omessa comunicazione ai sensi della cosiddetta legge Rognoni-la Torre. Il sequestro preventivo di 10 milioni e 840 mila euro sui conti di Dell’utri e della moglie Miranda (non indagata) va inserito in questo contesto.
Dell’utri sarebbe colpevole, secondo i pm, di non aver comunicato dopo la condanna del 2014 per concorso esterno in associazione mafiosa le sue variazioni patrimoniali. I pm hanno sostenuto la tesi della connessione tra queste omesse comunicazioni e il reato più grave del concorso in strage ai fini della competenza. Cioè Dell’utri non comunicava anche per occultare i soldi ricevuti da Berlusconi che, secondo i pm, potrebbero essere legati al suo silenzio. Tesi respinta però dai giudici del Tribunale di Palermo nel procedimento di prevenzione chiuso con una sentenza favorevole a Dell’utri.
I pm di Firenze potrebbero insistere a puntare sulla connessione anche nel merito per chiedere il giudizio? Si vedrà.
La seconda possibilità è che Luca Tescaroli lasci la sede e la decisione a Turco e Gestri. La terza è che il procuratore generale Ettore Squillace Greco concordi con il procuratore capo di Firenze Filippo Spiezia un distacco di Tescaroli da Prato (nel medesimo distretto) per seguire l’ultimo scampolo dell’inchiesta.
La quarta è che tutti i pm si convincano che sia meglio chiedere l’archiviazione sulle stragi magari accontentandosi di un processo solo per l’omessa comunicazione.
Non sarebbe una novità. La richiesta di archiviazione è stato fatta altre quattro volte, salvo poi chiedere la riapertura. Dopo 28 anni di indagini a intermittenza forse questa è davvero l’ultima frazione della partita che ha visto opposti i pm di Firenze da un lato e il duo Dell’utri-berlusconi. L’ex premier non c’è più. Non ci sono più il procuratore Pier Luigi Vigna e l’aggiunto Gabriele Chelazzi nè la rappresentante storica delle famiglie delle vittime Giovanna Maggiani Chelli. La posta però è sempre quella: l’ipotesi che Berlusconi e Dell’utri siano stati i mandanti delle stragi del 1993 realizzate dalla mafia per propiziare il cambio di stagione politica con la discesa in campo e la vittoria alle elezioni del 1994. Ipotesi finora mai riscontrata e respinta come pura follia dagli imputati e dai loro difensori e seguaci.
L’accusa è sanguinosa anche politicamente perché lega la storia italiana alle stragi che hanno insanguinato il Continente:
le autobombe contro Maurizio Costanzo (e Maria De Filippi) del 14 maggio 1993, le basiliche di Roma e di Milano del 27 luglio 1993, i 5 morti dell’autobomba di via Palestro a Milano e i 5 morti di via dei Georgofili a Firenze, il 27 maggio 1993.
IL PRIMO FASCICOLO
portava il numero 3197 del 1996. Fu aperto da Pier Luigi Vigna e chiuso nell’agosto 1998 dal procuratore Antonino Guttadauro. L’indagine era condotta da Gabriele Chelazzi con Giuseppe Nicolosi e Alessandro Crini e Francesco Fleury e si dipanava dai verbali di due collaboratori di giustizia che avevano fatto il nome di Silvio Berlusconi in dichiarazioni però de relato e vaghe. Dell’utri e Berlusconi furono iscritti con i nomi in codice Autore 1 e Autore 2 per evitare fughe di notizie. I riscontri non bastarono anche perché il collaboratore più importante, Pietro Romeo, riferiva in realtà confidenze del suo capo Gaspare Spatuzza. Tutto tace fino al 2009 quando anche Spatuzza si pente e offre la sua versione sul celebre incontro al bar Doney del gennaio 1994 con il boss Giuseppe Graviano che gli avrebbe ordinato la strage dello Stadio Olimpico accompagnandola con le confidenze sull’accordo politico stretto con i fondatori di Forza Italia. Così Berlusconi e Dell’utri tornano indagati. L’archiviazione arriva due anni dopo per assenza di riscontri su richiesta dei pm.
Come in una catena di Sant’antonio, nel 2016 è il boss Graviano a fare il nome di Berlusconi. Non da pentito come Spatuzza ma in cella confidandosi con il compagno di detenzione Umberto Adinolfi. Mentre sono intercettati gli mormora nell’orecchio qualcosa su Berlusconi che fece il traditore e gli avrebbe chiesto una cortesia. I pm iscrivono e indagano ancora e ancora archiviano due anni dopo. Poi Graviano parla ‘in chiaro’ al processo ‘Ndrangheta stragista nel 2019. Ancora una volta indagano e arriva la richiesta di archiviazione due anni dopo. Poi parla Salvatore Baiardo: il favoreggiatore di Graviano rilascia interviste e dichiarazioni ai pm su Graviano e Berlusconi. Siamo alla fine del 2022 e i pm riaprono. Quando i due anni per l’indagine scadranno, Tescaroli non sarà più pm a Firenze e Turco sarà sull’orlo della pensione. Per l’ennesima volta la Procura dovrà decidere cosa fare sui mandanti esterni. Stavolta non c’è più Berlusconi e Marcello Dell’utri ha 82 anni. L’archiviazione potrebbe essere la parola fine su questa indagine. La richiesta di rinvio a giudizio, con la desecretazione degli atti un’occasione per valutare la sensatezza delle ipotesi di accusa che hanno segnato il dibattito pubblico per 28 anni.
Le opzioni 1) Chiusura indagini 2) Fascicolo ai colleghi Turco e Gestri 3) Archiviazione 4) Distacco nel capoluogo del magistrato inquirente