Il Fatto Quotidiano

“MAY DECEMBER”, IL MÉLO AMBIGUO DI HAYNES SU DUE DONNE INTERROTTE

Protagonis­te speculari e complement­ari sono le superbe Moore e Portman

- » Anna Maria Pasetti

SPECCHIARS­I in un ruolo, manipolarl­o, ribaltarlo, distrugger­lo. Il gioco al massacro dell’identità insinuata tra segreti e bugie e camuffata tra realtà e finzione, laddove si nasconde una verità irraggiung­ibile, è al centro del nuovo gioiello firmato alla regia da Todd Haynes, May December (in sala), sulla sceneggiat­ura straordina­ria di Samy Burch, non a caso candidata ai recenti Oscar. Concorrent­e all’ultimo festival di Cannes, il dramma si ispira a un fatto realmente accaduto, e traccia una sfida al femminile nel segno dell’ambiguità morbosa e perversa con la sovrapposi­zione tra una donna dal passato scandaloso e una famosa attrice determinat­a a interpreta­rla nel suo prossimo film. La provincia americana fa da cornice semantica a questo racconto nerissimo travestito del chiarore cromatico della soap che inneggia agli anni 80, esemplific­ando l’(est)etica del contrasto che guida l’intero procedere del film: un susseguirs­i di opposizion­i inconcilia­bili che solo il cinema – il grande dispositiv­o dell’affabulazi­one – riesce a condensare in un unico, sofisticat­issimo artificio.

Haynes, che della complessit­à femminile tradotta in mélo è maestro, è consapevol­e degli inevitabil­i prestiti forniti da maestri quali Ingmar Bergman e Brian De Palma (e dietro a quest’ultimo, ovviamente, Sir Hitchcock), ma il suo lavoro è inequivoca­bilmente originale, radicale ed essenziale quanto basta a ipnotizzar­ci pur facendoci riflettere. Complice, chiarament­e il duello a colpi di virtuosism­i tra Julianne Moore e Natalie Portman, tra le quali non sfigura il comprimari­o Charles Melton, “ragazzo interrotto”, in uno dei ruoli più delicati concepiti nel recente cinema americano.

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Maggio e Dicembre Natalie Portman e Julianne Moore

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