L’estrema destra avanti: ma è divisa su migranti, guerra, crisi economica
La previsione di un’avanzata dell’estrema destra alle elezioni europee non significa che ci sarà un fronte omogeneo nel prossimo Parlamento di Strasburgo. Tra i vari partiti di destra, infatti, esistono profonde differenze, sulla guerra in Ucraina o sul tema dell’immigrazione. I dati emergono da un ampio sondaggio condotto dall’european Council on Foreign Relations
(Ecfr) condotto nel gennaio 2024 in 12 Paesi Ue: Austria, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia.
SONO
i Paesi che eleggeranno i tre quarti dell’europarlamento, quindi ne decideranno le sorti. “L’estrema destra – scrivono gli autori dello studio – ha finora mostrato livelli molto bassi di coesione e una limitata capacità di cooperazione”. Il dato, avvertono, sarà utile ai partiti filoeuropei affinché impostino correttamente la propria campagna.
Si prenda l’immigrazione: i risultati del sondaggio dicono che “la maggior parte degli europei non considera la migrazione la sfida più grande che l’ue si trova ad affrontare”. Delle cinque grandi crisi affrontate negli ultimi 15 anni – migratoria, guerra all’ucraina, finanziaria globale, climatica e pandemia da Covid-19 – quella che “ha cambiato maggiormente il modo di guardare al futuro” è la “crisi economica” con il 21%, seguita dalla crisi pandemica, 19%, poi dalla crisi climatica e dalla guerra in Ucraina, 16% e infine dalla questione migratoria, 15%. All’interno dei vari Paesi, il “problema” migranti ha picchi più alti in Germania (29%) e in Austria (24) ma molto bassi in Italia (9) o Ungheria (10). Nel nostro Paese il tema più sentito è la crisi economica (33%) così come in Portogallo (35%) e Grecia (37%) mentre in Polonia
è, ovviamente, la guerra in Ucraina (36%) seguita dalla Svezia (33). In Spagna (37%) la maggiore preoccupazione è rimasta l’emergenza Covid.
SULL’UCRAINA
si consiglia di non trasformare la guerra in un tema centrale perché “si ritorcerebbe contro i partiti filoeuropei”. Solo il 10% degli europei intervistati, infatti, “ritiene che l’ucraina possa vincere la guerra” e molte persone considerano la risposta dell’ue alla guerra della Russia in termini negativi piuttosto che positivi. Grandi differenze geografiche si registrano tra le due opzioni – sostegno alla lotta ucraina per riconquistare tutto il suo territorio o preferenza per un accordo di pace: la prima prevale in Svezia, Portogallo e Polonia, mentre la seconda domina in Ungheria, Grecia, Italia, Romania e Austria.
Più in generale gli intervistati non pensano che le performance dell’ue siano state granché efficienti. Al 31% di giudizi positivi sul ruolo nella crisi Covid si contrappone un 35% di giudizi negativi. Il 29% ritiene positivo il ruolo Ue nella guerra ucraina contro il 37% di giudizi negativi e va ancora peggio per quanto riguarda la crisi finanziaria: 41% di giudizi negativi contro il 20%. Eppure, il giudizio sui partiti di estrema destra nel rapporto con la Ue è molto variegato. Solo il 15% degli elettori di Fratelli d’italia crede che Giorgia Meloni voglia uscire dall’unione, il 21% degli elettori del PIS polacco, il 18% di Fidesz in Ungheria, il 23% di Chega in Portogallo, il 25% di Vox in Spagna, il 20 in Grecia. Molto più radicale il 63% degli elettori di destra olandesi, il 56% in Austria, il 67% in Svezia e il 58% in Germania e Francia, i due Paesi decisivi.
Gli studiosi dell’ecfr consigliano perciò ai partiti europeisti di evitare di enfatizzare i successi della Ue, perché potrebbero radicalizzare i giudizi negativi. Consigliano inoltre di puntare a mobilitare il proprio elettorato perché quello dell’estrema destra non lo è ancora del tutto: a parte Germania e Romania a dichiarare che voteranno sicuramente per il Parlamento europeo sono soprattutto i partiti rivali dell’estrema destra. Infine, provare a utilizzare l’effetto Trump: la maggior parte degli elettori di destra, infatti, a parte gli ungheresi di Fidesz, i portoghesi di Vox e i polacchi del PIS, non sono così entusiasti di una vittoria del leader repubblicano.