Il governo nasconde i dati sull’assegno di inclusione
Secondo l’inps lo prendono 550 mila nuclei, 200 mila in meno rispetto agli obiettivi: scoperte anche famiglie con minori, disabili e anziani
sull’assegno unico universale, i flussi di pensionamento, ma nessuna traccia dell’assegno di inclusione in calendario.
Uno dei probabili motivi sta nel fatto che i pochi numeri ottenuti finora hanno sonoramente smentito gli annunci del governo. Fino a fine dicembre, infatti, la ministra Calderone era convinta di poter raggiungere già a gennaio la platea di 737 mila famiglie beneficiarie, così da non lasciare scoperti nemmeno per un mese i nuclei più fragili, per i quali si era previsto di mantenere comunque un aiuto economico. Ebbene, in realtà a gennaio solo 288 mila hanno percepito l’assegno. Questo per vari motivi: la fisiologica lentezza burocratica nel passaggio da una misura all’altra, ma anche il disincentivo alle richieste scaturito dalla violenta
L’adi voluto dalla ministra Calderone copre il 50% della platea del Reddito campagna di criminalizzazione portata avanti in particolare dal centrodestra. Infine, forse il motivo più importante, il severo aggravamento dei requisiti, che ha tagliato fuori circa 200 mila nuclei richiedenti.
E qui il governo ha dovuto gettare la maschera, perché per mesi aveva assicurato che il sussidio non sarebbe stato tolto alle famiglie con minori, disabili e anziani, le categorie protette. Così non è stato perché nella pratica una serie di cavilli tecnici – in particolare il nuovo metodo di calcolo più stringente del reddito familiare – ha escluso dall’adi anche molti di quei nuclei. Ora, a fronte dei risultati deludenti, il governo pensa di cavarsela oscurando la diffusione dei dati e affondando il dibattito.
LA SOPPRESSIONE
dell’anpal non ha certo aiutato: in questi anni all’agenzia per le politiche attive del lavoro andava riconosciuto quantomeno il merito di aver diffuso con cadenza semestrale le tabelle con il numero di percettori di Reddito di cittadinanza che trovavano lavoro (non necessariamente grazie ai centri per l’impiego, anzi il più delle volte autonomamente). I dati dimostravano che i beneficiari erano tutt’altro che “divanisti” e l’ultima rilevazione diceva che a fine 2022 il 18% era occupato, malgrado le competenze difficilmente spendibili e i contratti molto brevi e precari offerti. Da allora – marzo 2023 – non abbiamo più alcuna diffusione di quel tipo di dati. Il governo sta così disarmando anche la ricerca scientifica sulle sue misure, ignorando il dovere di trasparenza con una scelta opportunistica.
Le prime evidenze, peraltro, hanno mostrato come la nuova misura stia ulteriormente penalizzando i poveri residenti al Nord. Quindi il sospetto è che dietro questa timidezza nella pubblicazione di nuovi dati ci sia anche la necessità di disinnescare qualche fastidio che potrebbe nascere dentro la maggioranza.
AL BUIO NIENTE NUMERI PER SPEGNERE LE CRITICHE