Bandiera bianca È cominciata la Settimana Santa: Francesco, la pace e la vittoria dei Barabba bellicisti
In queste ultime due settimane, sono state varie le scempiaggini scritte o pronunciate dagli ultrà bellicisti contro il papa che ha invocato, in un’intervista alla Radio Televisione Svizzera, la fine della guerra in Ucraina con queste parole, non senza realismo: “Credo che è più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare”.
Così c’è stato chi ha addirittura paragonato un’eventuale disponibilità di Zelensky al negoziato alla “resa” perdente di Cristo dapprima di fronte al Sinedrio e poi al cospetto di Ponzio Pilato: come se la Passione e la Morte di Gesù fossero un banale fatterello storico, avulso dall’impianto della fede cattolica, la cui conoscenza, invece, aiuterebbe a capire meglio il significato dell’appello francescano. Incredibile. Tra le mille e passa risposte possibili, giova allora ricordare ciò che l’irraggiungibile e agnostico Jorge Luis Borges, argentino come Francesco, scrive in un racconto delle Finzioni, Tre versioni di Giuda, in cui il protagonista è un eresiarca immaginario svedese di nome Nils Runeberg. Ecco qua, nella prima traduzione italiana fatta decenni fa da Franco Lucentini: “Limitare ciò che soffrì (Cristo, ndr) all’agonia d’un pomeriggio sulla croce, è bestemmia”. Appunto.
Gesù venne crocifisso alle nove di mattina e morì alle tre del pomeriggio, di venerdì. E quella iniziata ieri con la domenica delle Palme è proprio la Settimana Santa che culmina con la Pasqua. Dagli osanna dell’accoglienza a Gerusalemme al “crucifige” urlato dalla folla nel volgere di pochi giorni. Prima di giungere a Gerusalemme, “alla vista della città”, ecco come l’evangelista Luca riporta le prime parole di Gesù: “Pianse su di essa, dicendo: ‘Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi’”. Un passo drammaticamente attuale.
PACE, ALLORA.
E amore. Questo il senso primigenio del sacrificio cristiano. E nell’economia della Redenzione, il tradimento di Giuda è funzionale quanto la condanna di Gesù (altro che resa). Nella prima delle quattordici “stazioni” della Via Crucis si medita “Gesù è condannato a morte”. La folla che vota Barabba, sobillata e incitata dai sommi sacerdoti (epifania bimillenaria del populismo urlato), e Gesù che resta in silenzio di fronte alle accuse. Barabba era in carcere, un “brigante” colpevole di sommossa e omicidio. Nel Venerdì Santo di un anno fa, sei mesi prima del Sette Ottobre, questa fu la meditazione nella Via Crucis al Colosseo, che Francesco però seguì da Santa Marta perché raffreddato: “Barabba o Gesù? Devono scegliere. Non è una scelta qualunque: si tratta di decidere dove stare, quale posizione prendere nelle complesse vicende della vita. La pace, che tutti desideriamo, non nasce da sé, ma attende una nostra decisione. Allora come oggi siamo continuamente chiamati a scegliere tra Barabba o Gesù: la ribellione o la mansuetudine, le armi o la testimonianza, il potere umano o la forza silenziosa del piccolo seme, il potere del mondo o quello dello Spirito. In Terra Santa sembra che la nostra scelta ricada sempre su Barabba. La violenza sembra essere il nostro unico linguaggio”. Dai Barabba di Gaza a quelli del fronte ucraino. Che altro aggiungere?