“Il governo prova così a stroncare il pensiero critico dell’accademia”
“C’è un tentativo di delegittimare e criminalizzare il dissenso e la presentazione di posizioni non allineate nell’accademia . È abbastanza assurdo, ma pare non si possa neanche più ragionare di genocidio, di Israele, di Apartheid, di politiche coloniali quando invece ci sono molte risoluzioni delle Nazioni Unite che condannano le politiche di occupazione e discriminazione o la costrizione del muro in Cisgiordania. Si prova a colpire l’autonomia universitaria nel suo senso più profondo e costituzionale, ovvero come possibilità di costruire un sapere critico e di esprimere posizioni plurali e dissenzienti”: Alessandra Algostino è professoressa ordinaria di Diritto costituzionale dell’unito e una delle promotrici della lettera che chiede la fine delle collaborazioni istituzionali tra gli atenei e Israele, con ormai 2mila firme e adottata come piattaforma di lotta anche dagli studenti universitari e medi.
Professoressa, sulle proteste negli atenei per Gaza la ministra Bernini chiama il capo della Polizia, La Russa fa paralleli sugli Anni di piombo, a Chigi si parla di brigatisti...
Sono reazioni spropositate. Siamo solo di fronte a un periodo di mobilitazioni nelle università. Vanno valutate positivamente. L’università è il luogo di discussione e divergenza per eccellenza. Le proteste, che siano sul capitalismo fossile o sul cessate il fuoco, sono un buon segno. Il terrorismo e gli Anni di piombo sono quanto più lontano ci sia.
La vostra lettera chiede però la sospensione della collaborazione scientifica con Israele.
Noi chiediamo la sospensione di una collaborazione istituzionale in particolare su progetti che possano sviluppare tecnologie dual use, che possono cioè avere scopi civili ma anche militari. Il nostro intento è diretto contro determinate politiche del governo d’israele, non contro i singoli. Vorremmo usare questo strumento per fare pressione politica e culturale contro quello che non ho paura di definire “massacro” in corso a Gaza. Del termine “genocidio” e del suo “rischio plausibile” ha parlato la stessa corte dell’aia. Eppure oggi chiedere il rispetto del diritto internazionale è considerato quasi un atto sovversivo. Vorremmo che le Università si impegnassero fattivamente nel chiedere il rispetto del diritto internazionale. Ci sembra sia proprio un loro compito, fare da sentinelle della democrazia intesa come rispetto dei diritti e del diritto.
È una novità?
No. Da qualche anno abbiamo creato un coordinamento sull’etica della ricerca, interpretata come riferimento ai valori e fini costituzionali. Ci siamo interrogati proprio sulla militarizzazione e le collaborazioni e le sottoscrizioni con industrie come Leonardo. I parametri: la Costituzione e il principio pacifista del ripudio della guerra, che implica anche un’azione attiva per la pace.
Ci sono due pesi e due misure tra questo e il conflitto russo-ucraino?
L’università si è giustamente prodigata per il sostegno all’ucraina e ai profughi. Vorrei fosse fatto per chi fugge da tutti i conflitti. Si è allineata alle posizioni internazionali, la Russia è un aggressore come riconosciuto dagli organi internazionali, coerentemente col diritto internazionale. Vorrei che il diritto internazionale non fosse utilizzato selettivamente. Quello che sta compiendo Israele a Gaza è una violazione del diritto internazionale umanitario. Diritto che, così, rischia di perdere credibilità.
L’università è il luogo di discussione e divergenza Le proteste un buon segno
La Crui prevede una commissione per le “buone pratiche”. Il dissenso va gestito?
Il dissenso deve potersi esprimere, ovviamente nelle forme della democrazia, che nella sua essenza prevede l’espressione pacifica dei conflitti La parola “gestione” sa di controllo: sarebbe meglio “riconoscimento”. Si rischia altrimenti di introdurre regole e parametri che chiudono lo spazio politico. I parametri sono quelli della Costituzione e di una democrazia pluralista.