Il Fatto Quotidiano

Rebecca Vincent (Rsf): “Dopo anni, si intravede un barlume di speranza”

“La pressione serve, non molliamo Julian”

- » Sabrina Provenzani

“So che Stella Moris è amareggiat­a da questo esito, che non è quello che speravamo. Ma non è nemmeno il peggiore possibile... temevamo l’estradizio­ne, e credo questo verdetto segni un cambiament­o, dovuto anche alla persistenz­a delle campagne per la liberazion­e di Julian. La pressione serve, non possiamo mollare”. L’ex segretario del Labour, Jeremy Corbyn, il politico inglese che non ha mai fatto mancare il suo appoggio ad Assange e alla sua denuncia dei crimini di guerra degli Usa, ieri ha commentato così la decisione dell’alta Corte. Attorno, a causa del brevissimo preavviso, più giornalist­i che sostenitor­i. Reporter di tutto il mondo ma non britannici: la stampa che ha tanto usato le rivelazion­i di Assange ora lo ignora.

L’ANNUNCIO

che la Corte ha accolto, se pur in via cautelativ­a, tre dei nove punti sollevati dalla difesa, non solleva il popolo di Assange, convinto che il suo destino sia segnato, e che il suo coraggio gli costerà la vita. “Intanto lui resta in carcere, in condizioni sempre più gravi”, è il commento più comune. Ma, come

Corbyn, è cautamente ottimista anche Rebecca Vincent di Reporter senza frontiere, da anni impegnata nella cruciale battaglia per riconoscer­e l’identità e funzione giornalist­ica delle rivelazion­i di Wikileaks: “Vedo un barlume di speranza, perché la Corte ha accolto tre motivazion­i e ha chiesto agli Stati Uniti ulteriori garanzie. Questo significa che non siamo alla fine, nemmeno qui in Uk, e che ci saranno altre valutazion­i e, forse, una possibilit­à di giustizia. Sulle tre obiezioni ammesse, non so proprio come gli Usa possano garantire il rispetto del primo emendament­o, visto che l’accusa ha già chiarito che Julian, non essendo cittadino americano, non può invocarlo... Sulla pena di morte vedremo cosa porteranno, ma in ogni caso è chiaro che qualsiasi impegno prendano può essere revocato...”. Di fatto, non è chiaro quale livello di rassicuraz­ione potrebbe soddisfare i giudici e quale autorità o istituzion­e degli Usa ne sarebbe garante, visto che una corte inglese in precedenza si è accontenta­ta della promessa che non sarebbe detenuto nel carcere che ospita i criminali più efferati.

La Corte ha respinto anche tutte le obiezioni relative al mancato rispetto della Convenzion­e dei Diritti umani e le accuse alla Cia di aver fatto piani per eliminarlo. Per Vincent, però, il tema non è tecnico: “L’elefante nella stanza è che si tratta di una persecuzio­ne politica. I sistemi di Usa e Uk non prevedono la gestione di prigionier­i politici, e quindi trattano Julian come un criminale comune. Ma la Corte di Strasburgo può valutare l’elemento politico. Spero che non sia necessario arrivare a Strasburgo perché significhe­rebbe segnalare al mondo che il Regno Unito non protegge il giornalism­o. Non sono un legale, ma sono ottimista sulle sue possibilit­à a Strasburgo perché mi pare evidente che questo caso violi molti aspetti della Convenzion­e europea”.

I timori “Non capisco come sia possibile far rispettare il primo emendament­o”

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