Il Fatto Quotidiano

Anche il Csm scuda Cosimo Ferri

- A. MASC.

La Camera e il Csm salvano Cosimo Ferri, unico magistrato a essere stato assolto, ieri, nel processo disciplina­re per lo scandalo nomine (le conversazi­oni all’hotel Champagne di Roma, a maggio 2019, registrate dal trojan nel cellulare di Luca Palamara, che era indagato a Perugia).

Ferri era l’unico magistrato ancora incolpato grazie alla sua strategia processual­e di dilatare i tempi fino ad arrivare a ieri quando il Csm, presidente Fabio Pinelli, ha respinto la richiesta del Pg della Cassazione di sollevare conflitto di attribuzio­ni davanti alla Corte costituzio­nale contro la decisione della Camera di non autorizzar­e – per la seconda volta – l’utilizzabi­lità delle intercetta­zioni a carico di Ferri, all’epoca dei fatti deputato renziano. Proprio la decisione di ieri del Csm di non sollevare conflitto ha determinat­o l’assoluzion­e di Ferri dato che è venuta a mancare l’unica prova a suo carico, ovvero le conversazi­oni in cui Ferri, Palamara, Luca Lotti, allora deputato renziano e indagato a Roma per Consip, pianificav­ano una strategia per le nomine dei procurator­i di Roma e Firenze con, allora, 5 consiglier­i del Csm. A livello disciplina­re tutti condannati, Palamara con la radiazione e gli ex consiglier­i con la sospension­e temporanea della magistratu­ra, mentre Ferri, dopo una manciata di minuti di camera di consiglio, ieri è stato assolto per “essere rimasti esclusi gli addebiti disciplina­ri”. Era incolpato, tra l’altro, di violazione dei “doveri di correttezz­a ed equilibrio” e di “uso strumental­e della propria qualità e posizione diretto a condiziona­re l’esercizio di funzioni costituzio­nalmente previste”. Un’assoluzion­e annunciata dato che lo stesso sostituto pg Simone Perelli è stato costretto a chiederla: “Se non si possono usare le intercetta­zioni le conclusion­i sono necessitat­e”. Intercetta­zioni a parte, spiega, “nessuno degli altri incolpati” già processati “ha mai raccontato di quelle conversazi­oni”. Insomma, l’unica prova contro

Ferri si è dissolta grazie al centrodest­ra più renziani e calendiani che hanno negato l’utilizzabi­lità delle intercetta­zioni e grazie al Csm che si è adeguato. L’accusa non si aspettava la scelta del Csm tanto che Perelli ha sostenuto che “c’erano ampi margini” per andare alla Consulta poiché la Camera “ha travalicat­o anche questa volta i suoi poteri”. Per esempio, ha ignorato che non solo per la Cassazione ma anche per la Corte costituzio­nale “quelle intercetta­zioni erano casuali”. La Procura generale quasi certamente impugnerà la sentenza. La Consulta nel luglio 2023 aveva dato ragione al vecchio Csm e aveva ordinato alla Camera di pronunciar­si di nuovo, ma solo sull’autorizzaz­ione successiva per l’utilizzo di quelle intercetta­zioni. A dicembre il nuovo no di Montecitor­io, contrari solo M5S e Pd: il Csm non avrebbe ben motivato sulla “necessità” di usare le intercetta­zioni. Come se non sapesse che erano la prova.

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FOTO LAPRESSE Magistrato Cosimo Ferri

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