Diga di Genova, allarme Anac sui costi: “Appalto irregolare”
Niente gara e mano libera sulle varianti, l’authority conferma le accuse: il conto finale salirà. Le carte finiranno a pm e Corte dei conti
Anche il secondo giro di controdeduzioni non è servito a nulla: Anac è rimasta convinta delle sue tesi e nella delibera con cui ha chiuso la procedura sulle presunte irregolarità del maxi-appalto da 950 milioni per la realizzazione della nuova diga foranea del porto di Genova, opera simbolo del Pnrr (ancorché finanziata dal fondo complementare), ha confermato i rilievi dei mesi scorsi. Con la conseguenza, dati i possibili profili penali ed erariali che ne emergono, del probabile trasferimento delle carte a Procura e Corte dei Conti.
L’AUTORITÀ anticorruzione ha smontato la tesi difensiva che puntava sull’insindacabilità delle scelte adottate sulla base del doppio commissariamento dell’opera in capo a Marco Bucci, sindaco e commissario per la ricostruzione post Morandi, e a Paolo Signorini, all’epoca presidente dell’autorità portuale, stazione appaltante. Secondo Anac, infatti, l’opera non poteva essere considerata fra quelle necessarie per rispondere all’emergenza del crollo del Morandi per questo “non fu conforme alla norma” inserirla nell’elenco di interventi che Bucci e Signorini hanno potuto attuare in deroga alla legge, il famoso “modello Genova”. Da questa premessa – cioè dall’assenza di ragioni emergenziali – per l’autorità guidata da Giuseppe Busia deriva la prima criticità, ossia la “omessa motivazione nell’utilizzo della procedura negoziata senza bando” in luogo di una normale gara. Scelta che potrebbe aver causato una “restrizione della concorrenza”, tanto più che è stata fatta due volte. La prima procedura negoziata, infatti, andò a vuoto, dato che i consorzi invitati, guidati da Webuild ed Eteria, non presentarono offerte. Invece che bandire una gara, però, l’autorità portuale e Signorini avviarono un’altra procedura negoziata, “viziata da tutte le criticità sopraesposte per la prima procedura”. Viene confermato pure il “mancato superamento dei profili di criticità sollevati in relazione al mancato aggiornamento dei prezzi” posti a base delle due procedure. Il fulcro della ‘accusa’ riguarda però la “alterazione delle condizioni iniziali di gara”.
Fra la prima e seconda procedura entrambe le cordate chiesero e ottennero una modifica a capitolato e contratto tale da spostare sulla stazione appaltante l’incognita geologica dell’opera. Richiesta “comunque anomala” e tanto più, rileva Anac, dal momento che, come rivelò il Fatto, il Consiglio superiore dei lavori pubblici aveva prescritto “che nel progetto da porre in gara siano previste, e computate, anche soluzioni alternative da adottare qualora le ipotesi di progetto, a seguito dei monitoraggi, non si avverino”. Invece il progetto preliminare fu approvato (e validato da Rina Check, anch’essa per questo finita nel mirino di Anac) in barba a tale prescrizione. Dice in sostanza Anac: visto che “le probabilità che le caratteristiche geotecniche e geologiche si rivelino difformi dalle previsioni sono elevatissime, praticamente certe” (il fatto che i fondali siano peggio del previsto), si sarebbe dovuto chiedere agli appaltatori di elaborare e prezzare preliminarmente un’alternativa. Ciò non è avvenuto e quindi tale eventualità sarà trattata come variante, e il maggior costo che scaturirà dalla soluzione sarà in capo alla stazione appaltante. Insomma, i costi rischiano di lievitare di molto e a pagare sarà lo Stato.
IL PROBLEMA peraltro è già assodato, seppur al momento su una porzione minore dell’opera, come ha rivelato il Fatto pochi giorni fa analizzando la documentazione presentata dall’autorità portuale per l’autorizzazione della seconda fase dell’opera (in predicato di essere accorpata alla prima senza gara, mossa che vale 350 milioni per Webuild&c.). Malgrado l’ente ancora due giorni fa sostenesse che i risultati dei test sulla tenuta dei fondali “non sono ancora stati acquisiti”, nel bilancio di Pergenova Breakwater (il consorzio aggiudicatario capitanato da Webuild) si legge che già ad aprile 2023 “imprevedibili condizioni geologiche riscontrate in fase di indagine, diverse da quelle indicate nel progetto preliminare” hanno costretto a una revisione di progetto. La “sorpresa geologica” insomma non è così sorprendente. Anac conferma poi anche la “non conformità” della nomina di un secondo collegio giudicante a buste già aperte, mentre sul caso di Marco Rettighieri, manager di Bucci assunto da Webuild prima della procedura negoziata, Anac si è riservata di valutare in un secondo provvedimento eventuali profili di pantouflage, la norma sull’incompatibilità per gli ex manager pubblici. La palla passa ora a Procura e Corte dei conti.
SI PARTE WEBUILD&C.: “CONDIZIONI GEOLOGICHE DIVERSE DAL PREVISTO...”