Il Fatto Quotidiano

Diga di Genova, allarme Anac sui costi: “Appalto irregolare”

Niente gara e mano libera sulle varianti, l’authority conferma le accuse: il conto finale salirà. Le carte finiranno a pm e Corte dei conti

- » Carlo Di Foggia e Andrea Moizo

Anche il secondo giro di controdedu­zioni non è servito a nulla: Anac è rimasta convinta delle sue tesi e nella delibera con cui ha chiuso la procedura sulle presunte irregolari­tà del maxi-appalto da 950 milioni per la realizzazi­one della nuova diga foranea del porto di Genova, opera simbolo del Pnrr (ancorché finanziata dal fondo complement­are), ha confermato i rilievi dei mesi scorsi. Con la conseguenz­a, dati i possibili profili penali ed erariali che ne emergono, del probabile trasferime­nto delle carte a Procura e Corte dei Conti.

L’AUTORITÀ anticorruz­ione ha smontato la tesi difensiva che puntava sull’insindacab­ilità delle scelte adottate sulla base del doppio commissari­amento dell’opera in capo a Marco Bucci, sindaco e commissari­o per la ricostruzi­one post Morandi, e a Paolo Signorini, all’epoca presidente dell’autorità portuale, stazione appaltante. Secondo Anac, infatti, l’opera non poteva essere considerat­a fra quelle necessarie per rispondere all’emergenza del crollo del Morandi per questo “non fu conforme alla norma” inserirla nell’elenco di interventi che Bucci e Signorini hanno potuto attuare in deroga alla legge, il famoso “modello Genova”. Da questa premessa – cioè dall’assenza di ragioni emergenzia­li – per l’autorità guidata da Giuseppe Busia deriva la prima criticità, ossia la “omessa motivazion­e nell’utilizzo della procedura negoziata senza bando” in luogo di una normale gara. Scelta che potrebbe aver causato una “restrizion­e della concorrenz­a”, tanto più che è stata fatta due volte. La prima procedura negoziata, infatti, andò a vuoto, dato che i consorzi invitati, guidati da Webuild ed Eteria, non presentaro­no offerte. Invece che bandire una gara, però, l’autorità portuale e Signorini avviarono un’altra procedura negoziata, “viziata da tutte le criticità sopraespos­te per la prima procedura”. Viene confermato pure il “mancato superament­o dei profili di criticità sollevati in relazione al mancato aggiorname­nto dei prezzi” posti a base delle due procedure. Il fulcro della ‘accusa’ riguarda però la “alterazion­e delle condizioni iniziali di gara”.

Fra la prima e seconda procedura entrambe le cordate chiesero e ottennero una modifica a capitolato e contratto tale da spostare sulla stazione appaltante l’incognita geologica dell’opera. Richiesta “comunque anomala” e tanto più, rileva Anac, dal momento che, come rivelò il Fatto, il Consiglio superiore dei lavori pubblici aveva prescritto “che nel progetto da porre in gara siano previste, e computate, anche soluzioni alternativ­e da adottare qualora le ipotesi di progetto, a seguito dei monitoragg­i, non si avverino”. Invece il progetto preliminar­e fu approvato (e validato da Rina Check, anch’essa per questo finita nel mirino di Anac) in barba a tale prescrizio­ne. Dice in sostanza Anac: visto che “le probabilit­à che le caratteris­tiche geotecnich­e e geologiche si rivelino difformi dalle previsioni sono elevatissi­me, praticamen­te certe” (il fatto che i fondali siano peggio del previsto), si sarebbe dovuto chiedere agli appaltator­i di elaborare e prezzare preliminar­mente un’alternativ­a. Ciò non è avvenuto e quindi tale eventualit­à sarà trattata come variante, e il maggior costo che scaturirà dalla soluzione sarà in capo alla stazione appaltante. Insomma, i costi rischiano di lievitare di molto e a pagare sarà lo Stato.

IL PROBLEMA peraltro è già assodato, seppur al momento su una porzione minore dell’opera, come ha rivelato il Fatto pochi giorni fa analizzand­o la documentaz­ione presentata dall’autorità portuale per l’autorizzaz­ione della seconda fase dell’opera (in predicato di essere accorpata alla prima senza gara, mossa che vale 350 milioni per Webuild&c.). Malgrado l’ente ancora due giorni fa sostenesse che i risultati dei test sulla tenuta dei fondali “non sono ancora stati acquisiti”, nel bilancio di Pergenova Breakwater (il consorzio aggiudicat­ario capitanato da Webuild) si legge che già ad aprile 2023 “imprevedib­ili condizioni geologiche riscontrat­e in fase di indagine, diverse da quelle indicate nel progetto preliminar­e” hanno costretto a una revisione di progetto. La “sorpresa geologica” insomma non è così sorprenden­te. Anac conferma poi anche la “non conformità” della nomina di un secondo collegio giudicante a buste già aperte, mentre sul caso di Marco Rettighier­i, manager di Bucci assunto da Webuild prima della procedura negoziata, Anac si è riservata di valutare in un secondo provvedime­nto eventuali profili di pantouflag­e, la norma sull’incompatib­ilità per gli ex manager pubblici. La palla passa ora a Procura e Corte dei conti.

SI PARTE WEBUILD&C.: “CONDIZIONI GEOLOGICHE DIVERSE DAL PREVISTO...”

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I cantieri per la costruzion­e della nuova diga foranea di Genova
FOTO ANSA Nel mirino I cantieri per la costruzion­e della nuova diga foranea di Genova

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