.IL NUOVO MERIDIONE. .E IL SIMBOLO BARI.
BOOMERANG Con l’iniziativa del ministero dell’interno, questa destra di governo ha associato alla connaturata arroganza anche lo straordinario errore di valutazione: la folla di sabato sul lungomare lo ha dimostrato
Nei giorni scorsi le vicende di Bari hanno occupato le prime pagine. Con una iniziativa tutta politica, il ministro dell’interno ha inviato una commissione di accesso agli atti dell’amministrazione comunale, possibile primo passo verso il suo scioglimento per mafia.
Iniziativa che ha sollevato moltissime, giustificate, critiche: presa dopo un incontro del ministro con esponenti politici della destra che l’hanno sollecitata, con tanto di fotografia celebrativa; a meno di tre mesi dalle Comunali. Perché nel presentare la vasta indagine penale da cui è scaturita, il procuratore Rossi ha dichiarato che “l’amministrazione comunale, nella persona del suo sindaco Antonio Decaro e tutta l’istituzione in generale, ha dato grandissima collaborazione alla Procura per i risultati sulla legalità”.
L’indagine ha messo in luce aspetti preoccupanti. È ridicolo sostenere che Bari sia una città controllata dalla mafia, o con diffusi comportamenti mafiosi: come hanno lasciato intendere tanti servizi dei telegiornali nazionali, ispirati più da film con Al Pacino che dalla realtà. Eppure, l’indagine ha svelato la capacità di rigenerazione delle famiglie criminali della città, pur ripetutamente colpite da provvedimenti giudiziari. Grave è quanto emerso sul condizionamento che esse sarebbero riuscite a esercitare sull’azienda municipalizzata dei trasporti. Vicende che risalgono indietro nel tempo, legate ad antiche cooperative e stabilizzazioni; ma non per questo meno preoccupanti. Proprio perché continuate con un’amministrazione unanimemente ritenuta onesta, e con un sindaco che ha fatto della lotta alla criminalità la propria cifra di governo (non a caso da 9 anni sotto scorta). Ha mostrato la rilevanza e la permeabilità a Bari di quella “zona grigia” (su cui tanto ha scritto il sociologo torinese Rocco Sciarrone), indispensabile terreno di contatto con le amministrazioni pubbliche e l’economia per le organizzazioni a delinquere.
Ma le preoccupazioni non sono solo di natura criminale, ma anche politica. A quella zona apparterrebbe, infatti, secondo la Procura, una consigliera comunale, ora dimessasi e ai domiciliari, e tra l’altro figlia di un oncologo accusato di estorcere tangenti ai suoi pazienti, e moglie del principale esponente politico-affaristico colpito dall’indagine. Questa consigliera era stata eletta in una lista di centrodestra, ma poi era stata accolta in maggioranza, aderendo a un gruppo politico guidato da una assessora regionale (stessa trafila di un’altra consigliera arrestata in una precedente inchiesta per voto di scambio). Cambi di casacche che, è questo il punto, connotano il centrosinistra pugliese. Decaro ha sostenuto che ora “verrà combattuto il trasformismo”. Ma l’attento giornalista Francesco Gioffredi ha ricostruito sabato scorso sul Quotidiano di Puglia una mappa del potere regionale che mostra che il trasformismo è l’assoluta regola, fra assessori e figure apicali delle partecipate. Come ha icasticamente scritto l’ex presidente pugliese Vendola, “la primavera pugliese è cominciata con i pensieri e le azioni di Franco Cassano, con il suo civismo generoso e militante; l’autunno del nostro scontento è iniziato quando altri Cassano sono stati coccolati nel nostro campo”, con riferimento prima al grande sociologo recentemente scomparso, e poi a un ex senatore del centrodestra per molti anni dominus dell’agenzia regionale per le politiche attive del lavoro, accolto a braccia aperte dal presidente della Regione. Rispetto a questo quadro, il centrosinistra pugliese e in particolare il Partito democratico, da anni, semplicemente voltano lo sguardo altrove. Non sembra lungimirante.
Eppure, tutto ciò detto, l’iniziativa del ministro rischia di rivelarsi un poderoso boomerang. In questo caso la destra di governo ha associato alla sua connaturata arroganza anche uno straordinario errore di valutazione. I diecimila in piazza sabato con lo slogan “giù le mani da Bari” esprimono infatti un sentire assai diffuso in città. Il perché è presto detto. Bari è clamorosamente migliorata negli ultimi anni, e il merito è largamente attribuito dai cittadini all’amministrazione Decaro, che non a caso sconfisse cinque anni fa l’avversario 64% a 24%. Intendiamoci: non tutto luccica. Fasce sociali (specie dopo l’abolizione del reddito di cittadinanza) e luoghi periferici soffrono; servizi comunali – come per gli assai modesti risultati della raccolta differenziata – sono sotto standard, il rapporto con l’università (dove lavora chi scrive) e il Politecnico assai tenue, con la città poco interessata alle vite e ai problemi dei suoi tanti studenti. Eppure, Bari è bella, accogliente, vivacissima; le piazze un tempo invase dalle auto e controllate dalla microcriminalità ora sono dei residenti e dei turisti. Miglioramenti, si badi, ottenuti da Decaro con poche risorse. Negli anni della grande austerità. E con i costi della distorta e parziale attuale delle regole di finanziamento degli enti locali (“federalismo fiscale”): Bari, con la stessa popolazione, ha metà dei dipendenti comunali e metà del finanziamento per il trasporto pubblico di Firenze. E in procinto di accrescersi significativamente, con il miliardo di risorse ottenuto dal Pnrr: che doterà fra l’altro la città di una spiaggia-parco urbana estesa per altri sei chilometri.
Non è solo questo. Bari sta segnando risultati economici davvero notevoli. Nel 2018-23, ci dice l’altro giorno l’istat, ha visto l’occupazione aumentare del 13% (per confronto: Milano +2%, Bologna -2%, Torino -5%). È al centro di un’area metropolitana grande e forte, con una manifattura assai interessante: a pochi chilometri dalla basilica di San Nicola si producono satelliti e aerei da addestramento. Vede moltiplicarsi il terziario turistico: fin troppo velocemente, con seri e finora irrisolti problemi di rimbalzo sul mercato dell’abitazione. Nell’ultimo periodo sono però cresciuti molto anche i servizi per le imprese, i servizi digitali, con la localizzazione in città di ampie sedi delle principali imprese della consulenza e una vivace imprenditoria giovanile locale. È il cuore economico della regione italiana che, ci dice la Svimez, è cresciuta di più di tutte, del 5,2% nel 2019-22 (per confronto: 4,5 la Lombardia, 3,6 l’emilia, 0,6 il Piemonte).
Di tutto questo c’è piena contezza: Bari ha vissuto l’iniziativa di Piantedosi come un attacco alla città. Perché colpisce il meritato orgoglio dei suoi abitanti e dei suoi operatori economici per il cammino, difficile, faticoso, ma con tanti risultati che è stato compiuto (esemplari le dichiarazioni dei vertici di Confcommercio e di Confindustria). Nulla è garantito, e i problemi, come è stato accennato, non mancano. Ma la città sta compiendo un interessante percorso “meridiano”; stanno maturando molte condizioni non-economiche per lo sviluppo. Per questo chiede a gran voce attenzione e rispetto, e respinge posticce targhe di mafiosità al Palazzo di Città.