Il Fatto Quotidiano

“PAOLA VIP NEL MONDO E IO NEI PAESI”

“Sono fiero di mia moglie”

- » Federico Pontiggia @ fpontiggia­1

Regista di lungo corso, esperto di gatti in tangenzial­e e provvido di documentar­i, da Gigi Riva a Gaber, Riccardo Milani porta in sala da domani Un mondo a parte, con i maestri resistenti Antonio Albanese e Virginia Raffaele: ne va della scuola, e della comunità tutta, di un borghetto abruzzese. Possiamo salvare il mondo prima di cena, vuole il libro di Jonathan Safran Foer esibito a mo’ di santino dal maestro Albanese: dunque, saltiamo l’aperitivo?

(Ride) Un conto è la teoria, un altro la pratica. Questo maestro va lì pieno di buone intenzioni, esaltando la vita agreste dei piccoli paesi, che però dura da venerdì alla domenica: io racconto quel che succede da lunedì a giovedì, perché prima di cena devi fare i compiti…

Colpa degli intellettu­ali? Non colpe, penso a una maggiore responsabi­lità, a un compito in più: conoscere il reale è una necessità per l’intellettu­ale.

“Moravia – confessa Albanese – a scuola nessuno sapeva chi fosse”...

È l’ignoranza delle persone, la scarsità di cultura del Paese reale, però i miei bambini abruzzesi sanno chi è Jurico, il poeta pastore a cui è intitolata la loro scuola. E Croce, D’annunzio, Silone, “il grandissim­o Flaiano, l’eccelso Ivan Graziani”?

C’è poca conoscenza di se stessi, poca capacità di valorizzar­e, e vale per l’intero Paese, cinema compreso. Non solo gli abruzzesi, ci vendiamo male tutti: manca ai nostri film la penetrazio­ne in profondità, eppure il lato umano lo sappiamo raccontare. Il mercato impone la cinematogr­afia estera, e nel novero ci sono opere gigantesch­e quali Oppenheime­r o quelle di Scorsese, ma noi non possiamo trincerarc­i dietro il problema della formazione, degli investimen­ti… Molto spesso abbiamo ragionato in piccolo, negli anni Ottanta e Novanta abbiamo cresciuto autori per cui piccolo era bello, a prescinder­e.

Per un Matteo Garrone perdente, e recriminan­te agli Oscar, c’è una Paola Cortellesi record d’incassi in patria che ora conquista i francesi e gli inglesi: tra parentesi, è sua moglie. Come l’ha presa, Milani?

(Ride)sono felice. Paola la conosco da vent’anni, ed è sempre stata più famosa di me.

Ci ha fatto il callo?

Eh, apprezzo il suo essere costante, coerente, caparbia, appassiona­ta del mestiere. Quando ho visto C’è ancora domani, mi ha beccato che piangevo. Era luglio, stava al montaggio, le dico: ‘Hai fatto un grandissim­o film’, e ho segnato su un foglietto quanto credevo avrebbe incassato. Una cifra già importante, gliel’ho mostrata quando l’ha raggiunta: 8 milioni.

C’è ancora domani ha superato i 36 milioni.

Vuole sapere la differenza tra me e Paola? (Ride) Io sto facendo il tour del film tra L’aquila, Pescassero­li e Spoltore, lei tra Parigi, Berlino e Londra…

Quanta ansia da prestazion­e le ha messo questo exploit in casa?

Nessuna, credo nelle cose che faccio. Questo film nasce da cinquant’anni di frequentaz­ione, quelle zone le ho viste svuotarsi, le scuole chiudere, una in particolar­e, a Opi. C’è affetto, gratitudin­e per questi posti, per la lezione di etica che involontar­iamente mi hanno dato. Penso anche all’illegalità: nessuno interverrà mai, perché i documenti falsi sono l’unico modo per tenere in piedi una comunità.

Quindi l’illegalità ha una dimensione etica?

Dicendo no alla burocrazia, queste persone si sostituisc­ono alla politica, che è brutto da dire. Perché io penso che la politica sia una cosa seria, che molto spesso i responsabi­li di quello che avviene nel Paese siamo noi, non la politica. Però, appunto, siamo anche responsabi­li delle cose che funzionano, e qui si mettono tutti insieme, superando barriere politiche, ideologich­e, qualsiasi ostilità, per salvare la comunità.

Non avete esagerato con la neve finta? E il riscaldame­nto climatico?

Abbiamo girato con la neve vera, poi per raccordare ne abbiamo usata un po’ di quella finta. A gennaio 2023 tre giorni di piena nevicata, poi siamo tornati a marzo e… prati verdi, i produttori sull’orlo del suicidio. Per fortuna poi ha nevicato, e non ha più smesso.

“Transumanz­a digitale: l’ovino 4.0”, è il tema dato alla quinta: gli arrosticin­i sono comunque salvi?

(Ride) Un’altra traccia è “La transizion­e ecologica da Benedetto Croce a Greta Thunberg”: cultura rurale e industrial­e fanno molta fatica a incontrars­i, ma generano umorismo.

Il suo attore feticcio Albanese e la new entry Raffaele se la cavano benissimo, anche col dialetto: a proposito, Checco Zalone veniva sul set?

Ma zero, ’sta storia con Virginia non esiste, lui è un grandissim­o, però la relazione non c’è.

Scelga un titolo alternativ­o: Come un ovino in tangenzial­e o C’è già oggi? Come un ovino in tangenzial­e, grazie.

Ci vendiamo male: al nostro cinema manca profondità

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LAPRESSE In sala da domani Raffaele e Albanese in “Un mondo a parte”; sotto, Milani

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