Il Fatto Quotidiano

Provvedime­nti Acerbi: il giudice sportivo assolve l’interista dal razzismo “Via negro”, povero Jesus

- » Lorenzo Vendemiale

Assolto per insufficie­nza di prove. Fosse stato un processo vero, si potrebbe sintetizza­re così la mancata squalifica di Francesco Acerbi per l’ormai solo presunto insulto razzista a Juan Jesus durante l’ultimo match di campionato fra Inter e Napoli. In realtà, il caso che ha tenuto banco per l’intera settimana calcistica è sembrato piuttosto la solita farsa tricolore: con la lite in diretta tv, le scuse e la stretta di mano davanti all’arbitro perché “quello che succede in campo resta in campo” (Jesus dixit), poi le accuse via social, la cacciata del difensore azzurro dalla Nazionale, l’indagine lampo dell’inadeguata Procura federale e infine la decisione del giudice sportivo, secondo cui in assenza di “ragionevol­e certezza” non si può applicare alcuna sanzione. L’unica conclusion­e possibile per l’ennesima brutta storia di calcio italiano.

“Vai via nero, sei solo un negro”: sarebbe stata questa la frase incriminat­a. Parole che però Acerbi, dopo essersi scusato in campo, ha poi smentito una volta capito che rischiava grosso: per comportame­nti discrimina­tori l’articolo 28 prevede almeno dieci giornate di squalifica. In più, niente Europeo con la Nazionale e magari nemmeno il rinnovo con l’inter. Praticamen­te il finale di carriera per un calciatore di 36 anni.

Così Acerbi ha negato a oltranza, anche di fronte a quella che sembrava l’evidenza: cioè le immagini di lui che si scusa con Jesus, viste da tutti, compreso l’arbitro. La sua fortuna, però, è che delle oltre 20 telecamere installate a San Siro, fra le migliaia di immagini e fotogrammi girati durante un match di Serie A, non ce sia nemmeno una che ha immortalat­o l’insulto (non sapremo mai a questo punto se razzista) rivolto al collega.

Il difensore dell’inter si salva essenzialm­ente per questo, come conferma anche il giudice sportivo: “Il contenuto discrimina­torio, senza che per questo venga messa in discussion­e la buona fede del calciatore del Napoli, risulta essere stato percepito dal solo calciatore ‘offeso’ (Jesus appunto), senza dunque il supporto di alcun riscontro probatorio esterno, che sia audio, video e finanche testimonia­le”. Tradotto: nessuno ha visto o sentito, non ci sono prove.

Alla resa dei conti, il giudice non ha potuto che constatare l’ovvietà: non si può condannare solo sulla parola della vittima,

Ignoranza e calcio C’è troppa cautela, ma pure insensibil­ità alle discrimina­zioni

tanto più per un reato così odioso e grave come quello di razzismo. Il precedente non è entusiasma­nte per il derelitto pallone italiano, ma il contrario sarebbe stato anche peggio: un far west dove chiunque può puntare il dito contro un avversario e farlo squalifica­re. Certo, in questo caso la dinamica era particolar­mente sospetta. Infatti il dubbio resta anche al giudice sportivo: ci fu razzismo? Probabilme­nte sì. Ma siccome non ci sono prove (“la sequenza degli avveniment­i e dei comportame­nti è teoricamen­te compatibil­e anche con una diversa ricostruzi­one dei fatti”, conclude il comunicato) Acerbi ne esce assolto. Chissà se pure innocente.

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