Il Fatto Quotidiano

“Parlamento scavalcato, Costituzio­ne e trattati completame­nte ignorati”

- » Giampiero Calapà

“Nessuno fa più riferiment­o a tentativi negoziali per risolvere le controvers­ie internazio­nali: è anzitutto un regresso dal punto di vista culturale”. Gaetano Azzariti, costituzio­nalista di fama della Sapienza di Roma, bolla così la vendita di armi dell’italia all’ucraina ammessa ieri da Crosetto in aula: “Non vengono considerat­i i valori di solidariet­à non armata cui sono ispirate la nostra Costituzio­ne e la Carta dell’onu”.

Il ministro Crosetto sostiene che l’art. 51 della Carta Onu lo consente.

Tutti citano l’art. 51 (“il diritto naturale di autotutela individual­e o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un membro Onu”, ndr), saltando bellamente le prime righe del preambolo della stessa Carta: “Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazion­i dal flagello della guerra”. E la stessa Carta Onu, all’art. 33 fa riferiment­o a “negoziati, inchiesta, mediazione, conciliazi­one, arbitrato, regolament­o giudiziale, ricorso a organizzaz­ioni od accordi regionali, o altri mezzi pacifici” per “il mantenimen­to della pace e della sicurezza internazio­nale”. Chi si sta impegnando per far rispettare il preambolo e l’art. 33? Conta solo l’art. 51...

E il nostro art. 11 della Costituzio­ne che ripudiando la guerra impone di trovare altre

vie per risolvere le controvers­ie internazio­nali? Poi c’è la legge 185...

La legge 185 del 1990 è stata emanata con la finalità di evitare invii di armi a Paesi in conflitto bellico. È una legge che si fonda su due pilastri: primo, divieto assoluto di vendita a Paesi belligeran­ti, fatta salva l’eccezione richiamata dall’art. 51 della Carta Onu; secondo, il massimo controllo politico di tutte le cessioni e le vendite di armi. Questo secondo punto è dirimente: rispetto a 417 milioni in vendita di armi all’ucraina il Parlamento è stato

‘‘ È regression­e culturale: negoziati non considerat­i

informato dal governo solo ieri, a cose fatte, non è accettabil­e.

Ma non basta, il governo sta anche cercando di svuotare la 185?

È già passato in prima lettura al Senato un tentativo di riforma per rendere meno trasparent­i sia le cessione sia la vendita. Vogliono codificare meglio la disinvoltu­ra che già c’è nella cessione e nella vendita di armi. Già ora non si sa neppure quali sono le armi che inviamo perché gli atti del governo sono secretati in barba alla trasparenz­a che sarebbe richiesta e dovuta in questi casi. Secondo lei il governo dovrebbe solo essere informato o dovrebbe anche esprimersi con un voto su eventuali cessioni e vendite di armi?

Non c’è un obbligo scritto, ma nella logica della centralità del Parlamento che dovrebbe esser garantita a una Repubblica parlamenta­re va da sè che una discussion­e che si conclude con il voto dell’aula sarebbe più rispettosa dei valori costituzio­nali. Ma ora il tentativo espresso con la riforma della 185 a cui facevamo riferiment­o prima, è proprio quello di rendere l’intervento armato un atto proprio dell’esecutivo scavalcand­o le Camere. Pensa che in tutto questo contano gli incarichi precedenti dell’attuale ministro della Difesa in Aiad e Leonardo?

Del tutto inopportun­o appare passare da quegli incarichi al ministero della Difesa.

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FOTOGRAMMA Professore Docente di Diritto costituzio­nale alla Sapienza di Roma

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