Agi-angelucci, anche Giorgetti fa lo gnorri
Giancarlo Giorgetti non sa o non risponde. Sulla cessione dell’agi alla famiglia Angelucci, il ministro dell’economia ha confermato quello che già si sospettava: l’intera operazione è passata sopra la sua testa, senza che ne fosse informato o tanto meno coinvolto. Non ci fa una grande figura, Giorgetti, perché l’affare lo riguarda per almeno tre motivi: in quanto titolare del Mef (che è il primo azionista di Eni, proprietaria dell’agenzia di stampa), in quanto compagno di partito di Antonio Angelucci – deputato leghista e recordman di assenze alla Camera – e in quanto ministro di Giorgia Meloni e di un esecutivo che sta avallando la costituzione di un cartello editoriale di testate filogovernative (Angelucci è già proprietario di Libero, Il Giornale e Il Tempo).
Nel question time di ieri pomeriggio alla Camera, Giorgetti ha risposto alle interrogazioni di Pd e Avs sulla trattativa per la cessione dell’agi e in sostanza ha ammesso di non saperne nulla: “Il ministero dell’economia e delle finanze, che ha appreso da fonti di stampa la notizia, non è l’autorità deputata a rispondere a tale domanda”, è stato l’esordio del leghista. Nonostante la partecipazione in Eni, ha aggiunto, il Tesoro non ha “alcun potere” nelle decisioni gestionali dell’azienda. Giorgetti si è limitato a ripetere la blanda comunicazione di Eni sulla “manifestazione d’interesse ricevuta da un soggetto terzo” (Angelucci) che sarebbe ancora “in fase di valutazione”. E poi si è concesso una curiosa considerazione – non proprio limpidissima – sul fatto che l’agenzia di stampa possa essere in conflitto d’interessi già oggi, a prescindere dal passaggio sotto Angelucci: “È questione di per sé delicata che una società partecipata dallo Stato possegga un’agenzia di stampa – ha detto il ministro – perché potrebbe alimentare dubbi sull’effettiva libertà di informazione della stessa”.
L’IMPALPABILE intervento di Giorgetti ha prestato il fianco alla replica di Giuseppe Provenzano, firmatario dell’interrogazione del Pd, che ha parafrasato Nanni Moretti: “Ministro, dica qualcosa di liberale, dica qualcosa anche di non liberale, di civiltà. Ministro, dica qualcosa, dica una cosa. Lei è venuto a dirci che di questa trattativa non sa nulla. Sa qual è il dramma? Che noi le crediamo”. Per Provenzano il passaggio di Agi nel regno editoriale di Angelucci (imprenditore con forti interessi nella sanità privata) sarebbe “una pratica da oligarchi alla fine della dissoluzione dell’unione Sovietica, pezzi di partito che spolpano pezzi di Stato” e porterebbe a “una concentrazione di potere editoriale senza precedenti, in contrasto con tutti i princìpi europei di pluralismo dell’informazione e di libertà”.
Una delegazione di giornalisti dell’agi, oggi al quarto giorno di sciopero, è stata ricevuta da Alberto Barachini (Forza Italia), sottosegretario con delega all’editoria. Non sono arrivate informazioni sulla trattativa, ma generiche rassicurazioni “circa le ricadute occupazionali di una eventuale cessione di Agi”: il contributo statale alle agenzie di stampa è commisurato al numero di giornalisti assunti.
In serata Mario Sechi, ex direttore di Agi, oggi alla guida di Libero e considerato tra i registi dell’operazione, ha commentato la vicenda su La7, ospite di Otto e mezzo :“I giornali e i media si comprano e si vendono”, ha detto, “guardate Gedi e il Secolo XIX, non c’è nulla di scandaloso”.