Case popolari in vendita: dg e assessore in antimafia
Il direttore generale del Comune di Milano, Christian Malangone, è convocato oggi davanti al Comitato antimafia milanese. A data da destinarsi sarà l’assessore alla casa, Pierfrancesco Maran, a doversi presentare invece davanti alla Commissione consigliare antimafia. Non un bell’inizio, per il percorso che il sindaco Giuseppe Sala intende avviare “per valorizzare, riqualificare e aumentare” il patrimonio di case popolari a Milano. A gennaio, infatti, una delibera firmata da Maran ha avviato l’accordo con Invimit, società del ministero dell’economia e delle finanze, per creare un fondo immobiliare a cui affidare le case popolari milanesi. Quelle del Comune sono circa 28 mila, di cui 4 mila in pieno centro città. Il progetto è di conferire nel fondo circa 2 mila appartamenti, quelli più pregiati che stanno nel centro e semicentro della città, da via Madonnina a via Borsieri. Circa la metà sono negozi o spazi assegnati ad associazioni.
IL VALORE COMPLESSIVO
è stimato 410 milioni che però, messi nel fondo, potrebbero essere valorizzati 2,5 volte tanto, producendo, se venduti, quasi 1 miliardo. Denaro che, secondo il piano Maran, potrebbe poi essere investito nelle altre case popolari, quelle in periferia.
Due problemi. Il primo è che, vendendo a un fondo i pezzi migliori, si impoverirebbe il patrina monio complessivo di edilizia pubblica e si trasformerebbe il welfare in finanza. Il secondo è che la vendita è difficile: perché i contratti d’affitto nell’edilizia residenziale pubblica (Erp) sono a vita e non a scadenza come quelli privati. Dunque gli investitori che entreranno nel fondo, per “valorizzare” gli appartamenti dovranno attendere la morte degli inquilini. Più rapida la soluzione per i negozi e le associazioni (i contratti scadono dopo quattro anni). Ma gli affitti saranno molto probabilmente aumentati e le associazioni dovranno essere scacciate.
Ma perché la doppia convocazione antimafia del direttore generale e dell’assessore? I due organismi, Comitato e Commissione, vogliono avere chiarimenti sull’uomo che è arrivato alla guida delle case popolari milanesi. È Alberto Pasqualucci, che a febbraio, come già raccontato dal Fatto, si è seduto sulla poltrona della Direzione Casa di Mm. La nomina di Pasqualucci era piaciuta all’amministratore delegato di Mm, Francesco Mascolo, e ad alcuni membri del consiglio d’amministrazione tra cui Marco Plazzotta, uomo del real estate vicino a Comunione e liberazione, nonché già vicepresidente del fondo immobiliare Namira, il cui presidente, Eugenio Radice Fossati Confalonieri, è il genero del presidente del Milan Paolo Scaroni. Ma Pasqualucci è anche stato socio della Kreiamo, ufinanziaria con sede in via Montenapoleone che fu definita dalla Procura antimafia di Milano la cassaforte della cosca di ’ndrangheta Barbaro-papalia. Pasqualucci non è stato indagato, ma intercettato. E nelle carte dell’inchiesta del pm Paolo Storari si legge: “Veramente degno di nota il suggerimento dello zelante Pasqualucci, che suggerisce la esportazione sul web della contabilità reale, onde sottrarsi ad attese visite della Guardia di finanza”. L’obiettivo è “fare sparire tutta la doppia contabilità che evidentemente era detenuta dalla Kreiamo e che poteva rivelare la reale entità delle operazioni svolte, ivi inclusi i versamenti fatti ai Barbaro”.
IL PROGETTO VENDERE 2000 APPARTAMENTI A UN FONDO ISTITUITO DAL MINISTERO DELL’ECONOMIA
UN BEL GUAIO,
per il consiglio d’amministrazione di Mm che nell’agosto 2023 aveva scartato la soluzione interna e fatto un bando per la Direzione Casa che era poi stato vinto da Pasqualucci. Resta sulla poltrona poche settimane, poi emergono i suoi legami con i colletti bianchi dei clan e arrivano le dimissioni, che in realtà sono un licenziamento in tronco.
Un bell’inciampo, per la giunta Sala e per Mm, che gestisce ogni anno circa 60 milioni di appalti. Così, ai problemi del piano Maran per la “valorizzazione” attraverso Invimit del patrimonio di case popolari, si aggiunge anche l’ombra Pasqualucci, di cui ora si occupano Comitato e Commissione antimafia.