Il Fatto Quotidiano

Prove di psico-test per le future toghe: vuoi bene a Giorgia?

- SILVIA TRUZZI golpe

In febbraio, all’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o della Corte di Cassazione, Fabio Pinelli, vicepresid­ente del Csm indicato dalla Lega, aveva dedicato un pezzo del suo poderoso intervento al “Superament­o del principio della sottoposiz­ione del giudice solo alla legge” con tanti saluti all’articolo 101 della Costituzio­ne che vorrebbe appunto i giudici “soggetti soltanto alla legge”. L’avvocato si domandava “se la legittimaz­ione del magistrato non trovi più ragione, o almeno non solo e non tanto, nella sua sottoposiz­ione alla legge. È la stessa legge che, nel tempo presente, non sembra essere più in grado di porsi in sé come la fonte unica di legittimaz­ione”. E ancora: “Il magistrato trova il proprio riconoscim­ento giuridico e sociale nella modalità con cui esercita la propria funzione e, conseguent­emente, nel rapporto di fiducia che si instaura con i cittadini. Questo rapporto di fiducia nasce dal rigore con il quale il magistrato esercita la funzione. I comportame­nti di ciascun magistrato sono dunque decisivi, dentro e fuori l’esercizio della funzione”.

ECCO, Pinelli può finalmente dormire sonni tranquilli: d’ora in poi non ci saranno più magistrati dai comportame­nti men che ineccepibi­li. Arrivano, decisi dal Consiglio dei ministri di martedì, i test psicoattit­udinali per le toghe. Dal 2026 gli aspiranti magistrati che hanno superato gli scritti, agli orali saranno sottoposti al famoso test psicoattit­udinale (“Vuoi bene alla mamma? E a Giorgia?”). Il

Csm – che almeno formalment­e sovrintend­e – nominerà docenti universita­ri in materie psicologic­he su indicazion­e del Consiglio nazionale dell’università

(organo del ministero dell’università). L’anm parla di misura incostituz­ionale: c’è un eccesso di delega, visto che i test sono stati approvati all’interno di un decreto attuativo della riforma dell’ordinament­o giudiziari­o (riforma Cartabia) che sull’argomento non delegava nulla. Non solo, ci sarebbe anche la solita vecchia signora che ormai parla a vanvera. La Costituzio­ne prevede (art. 106) che le nomine dei magistrati “abbiano luogo per concorso”. Dice il Guardasigi­lli Nordio che tutto è a posto perché il test viene fatto dopo il concorso. È un trucchetto: il test, oltre a delegittim­are le toghe, sembra essere in tutto e per tutto una precondizi­one all’esercizio delle funzioni. I test per i ministri li abbiamo proposti da queste colonne un paio di mesi fa, ma anche senza indagini psicologic­he è chiaro che il movente è politico: il governo, che quotidiana­mente dimostra disprezzo per le regole costituzio­nali, cerca in ogni modo di controllar­e l’operato dei giudici (Nordio non perde occasione di ricordare che la riforma della separazion­e delle carriere è tutt’altro che ferma).

Così Giorgia Meloni realizza il sogno del piano di rinascita democratic­a di Licio Gelli. Un altro piduista, il fu Silvio Berlusconi, ci aveva riprovato all’alba del Millennio senza fortuna. In una tristement­e famosa intervista al britannico Spectator, nel 2003, l’aveva spiegato benissimo: “Questi giudici sono doppiament­e matti! Per prima cosa lo sono politicame­nte, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalment­e disturbato. Se fanno quel lavoro è perché sono antropolog­icamente diversi dal resto della razza umana”. Mentre il cognato chiedeva il patteggiam­ento in un’indagine per corruzione, il ministro Salvini (che definì, emulo di B., la magistratu­ra un cancro da estirpare) ieri ha detto: “Mi sembra assolutame­nte naturale che un magistrato possa essere controllat­o e accompagna­to”. Alla porta, o meglio, in manicomio specie quando si occupa di ministri o familiari di: il al ralenti, che il professor Cordero evocava nei decenni d’oro del Caimano, lo stanno facendo loro.

NORDIO & C. PROSEGUE, CON TANTI SALUTI ALLA CARTA, LA DELEGITTIM­AZIONE DEI MAGISTRATI

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